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venerdì 23 dicembre 2011

Adesso basta!


A Natale bisogna essere più buoni e blablabla... NO! Adesso basta! Ve lo do io il natale... Altro che essere buoni, qui c'è solo una rabbia pronta a esplodere, ma qualche agurio voglio mandarlo pure io.

Buon Natale a voi del governo, che invece di vendere l'oro della riserva nazionale (la più grande del mondo), i beni demaniali dello stato; invece di tagliare gli sprechi; invece di unificare tutte le migliaia di imprese municipalizzate del cazzo in imprese regionali; invece di abolire l'esistenza di qualsiasi comune al di sotto dei 10.000 abitanti; invece di mettere in un unico fondo la gestione dei monumenti nazionali in modo che chi acquista le quote partecipa alla divisione degli utili fatti con i biglietti e la pubblicità; invece di legalizzare il gioco d'azzardo, la prostituzione e le droghe leggere; invece di abolire tutti gli ordini professionali a cominciare da quelli forti, come i notai, i giornalisti, gli avvocati; invece di fare tutto questo e molto altro di più avete pensato bene di fare la solita manovra del cazzo che la mette nel culo ai poveracci che hanno un mutuo e devono devolvere un intero stipendio a pagare l'IMUrtacci vostra, che vedono la loro pensione rimanere al palo senza adeguamento per l'inflazione, che vedono salire le tasse sulla benzina, sulle addizionali regionali, eccetera, eccetera, eccetera.

Buon Natale a voi, berlusconiani e antiberlusconiani del cazzo, che con la vostra miopia fatta di odio siete incapaci di vedere che tutti i partiti sono uguali e che si mettono d'accordo anche sugli argomenti sui quali farvi litigare. Datemi retta, svegliatevi! Perché mentre voi state lì a grondare odio in realtà questi si incontrano nei tunnel e fanno manovre di comune accordo per mettervela in culo principalmente a voi. Grazie veramente per aver portato il paese a queste condizioni, perché se la nazione è ridotta così lo si deve a due coglioni: berlusconiani e antiberlusconiani. Speculari, uguali e incapaci di usare il cervello. Persone che prima di dire qualsiasi cosa hanno il bisogno che qualcuno gli dica cosa devono urlare e cosa devono dire. E mentre litigavano tra loro, i veri potenti si vendevano la democrazia.

Buon Natale a voi centristi democristiani, sempre pronti a baciare le vesti porporate e farvi dettare la linea dal Vaticano, che fate finta di essere diversi dai berlusconiani e dagli antiberlusconiani ma che come tutti gli altri movimenti politici del cavolo state lì a spartirivi la vostra fetta di oligarchia.

Buon Natale a quelli che credono nelle patrie immaginarie, in un nord senza il sud, che fanno finta di prendersela con questo governo ma hanno il culo al caldo su tutte le poltrone dei governi del nord e delle municipalizzate e che non ci pensano proprio a togliercelo perché sono esattamente uguali agli altri. Insomma anche al Nord vige il napoletano "Ca' nisciun è fess", a dimostrazione che siamo tutti italiani.

Buon Natale a quelli che mandano pacchi regali agli avvocati, ai medici, a tutti quelli da cui possono ricevere un servizio, perché sperano così che questi possano dare loro un "occhio di riguardo". Insomma, la raccomandazione e la tangente, l'italiano ce l'ha nel sangue e poi si lamenta del governante. Volete un'Italia più onesta? Smettete di fare pacchi regali a politici, avvocati, medici, ingegneri, personalità varie, almeno si accorgeranno che il vento è cambiato.

Buon Natale a tutti quelli che dicono che "questa manovra era inevitabile". Ho pietà del vostro livello intellettivo e mi dispiace seriamente che non abbiate un pensiero vostro e che se il partito non parla voi non sapete nemmeno cosa dire e che se anche siete contrari vi piegate alla volontà del partito e tacete, non dite niente. Silenzio e obbedire a Mosca... che la storia abbia pietà della vostra ottusità così come ce l'ho io ora.

Buon Natale a te, che della politica e dell'economia ancora continui a dire che non te ne frega un cazzo. Di te non ho pietà né io e né la storia. Per voi qualsiasi manovra che vi spenni è sacrosanta.
Dovrebbero raddoppiarvele le tasse, ma anche tripicarvele, quadruplicarverle,..., centuplicarvele... insomma, che cazzo campate a fare? Dateci tutti i soldi e abbiamo risolto.

Ma soprattutto, Buon Natale a te, popolo ortolano d'Italia, che ancora non ti sei stufato di prendere citrioloni nel culo e che ti rivolgi al potente dicendo: "Guarda che c'è ancora spazio...". Perché la verità è che mi sa tanto che c'abbiamo preso gusto.

E dedico un Buon Natale anche a me, che sono così cretino da pensare che prima o poi qualcuno mi starà ad ascoltare e smetterà di fare finta di campare lasciandosi scivolare tutto addosso.

mercoledì 7 dicembre 2011

Scelte oligarchiche...


Eh no, caro presidente Monti!
Non scherziamo con la democrazia.

La manovra non mi piace, è chiaro, non è per niente equa ed è piena di tasse, quindi contiene serie possibilità di contrarre i consumi e quindi la crescita.
Certo, molto bene la piccola parte che tratta dello sviluppo con sgravi fiscali per chi assume giovani e donne, molto bene per gli sgravi fiscali per chi investe utili o altro denaro nell'impresa, molto bene anche il fondo per le piccole e medie imprese, ma al momento che queste scelte riescano a compensare l'aumento della pressione fiscale e quindi il calo dei consumi mi sembra un po' difficile.

Io ho una brutta impressione. Che il governo Monti in realtà sia un grande spot per convincere i cittadini che bisogna rinunciare alla democrazia per andare verso forme di goveno più oligarchiche.

La decisione delle provincie non mi è piaciuta per niente.
Il governo non abolisce le provincie, riduce il numero dei consiglieri (e questo è positivo) ma lascia che a eleggere il consiglio provinciale non sia il popolo ma i comuni stessi. Ecco questo è un orrore!
In pratica il governo Monti ci sta togliendo il diritto di voto per uno dei livelli amministrativi di questo paese e tutti ad applaudire (questa è una sorta di citazione involontaria di Star Wars...).

No, presidente! Non va per niente bene. La democrazia non si tocca.

Certo, tutti noi ci auguriamo che l'Italia ce la faccia e che l'Euro non esploda come una bolla di sapone, ma io non sono disposto a cedere la democrazia in cambio.
Mi sorge il dubbio che questo governo sia stato istaurato proprio per dimostrare che l'oligarchia funziona meglio della democrazia.
Ho il timore che se questo governo dovesse farcela, qualche idiota con i prosciutti sugli occhi inizierebbe a inneggiare a un sistema oligarchico dichiarando fallita la democrazia.

Io resterò qui a vigilare.

domenica 20 novembre 2011

Monti, Berlusconi e la sinistra in trappola...


Diciamo le cose come stanno. Il PD è in un mare di guai, anzi è in trappola.
A sentire i commenti in giro del Giornale, di Libero e soprattutto di Giuliano Ferrara invece sembrerebbe tutto il contrario.

Guardiamo le cose meglio. Berlusconi si è dimesso da presidente del consiglio ed è stato scelto Mario Monti al suo posto.
Chi pensava a una vittoria, alla fine di Berlusconi e in un governo guidato dal centrosinistra si ritrova a sostenere ora un governo dove l'appoggio di Berlusconi e del PDL è determinante.

Qual è l'interesse di Berlusconi e del PDL? Andare a elezioni quando è più conveniente.

Questo il centrosinistra e in particolare il PD doveva prevederlo. A mio avviso hanno sottovalutato la situazione. E ora sono in trappola.

Vi spiego perché.
La speranza della sinistra era che Berlusconi, che aveva dimostrato una ferrea tenacia a non mollare, sentendosi tradito avrebbe chiesto immediatamente le elezioni spaccando il partito. Se infatti avesse chiesto le elezioni, il gruppo dei "prossimi trombati", ossia quei parlamentari che erano sicuri di non essere rieletti, si sarebbero staccati dal PDL e avrebbero appoggiato un qualsiasi governo tecnico che assicurasse loro non solo di prendere il vitalizio, ma di arrivare a fine legislatura.

Questo sarebbe stato il colpo di grazia di Berlusconi che anche se avrebbe potuto gridare al ribaltone e sfruttare l'opposizione a un governo impopolare, si sarebbe trovato tecnicamente fuori dai giochi fino alla fine della legislatura. Anzi, sarebbe apparso ancora di più incattivito e rancoroso.

Si sarebbe in pratica riprodotta la situazione che si era creata nel 1995 con il governo Dini. Berlusconi avrebbe lasciato in mano ai suoi avversari il governo.
Questo era il quadro più favorevole al centrosinistra.

Invece Berlusconi ha deciso di sostenere Monti, nonostante i vari mal di pancia all'interno del partito e dei giornalisti falchi.
Nel farlo però sta fissando dei paletti. Ovviamente si tratta di un bluff. Il PDL non ha alcuna intenzione di sfiduciare Monti se sarà introdotta una patrimoniale o cose di questo genere almeno finché non potrà andare alle elezioni in condizioni favorevoli.
Questi paletti però hanno l'effetto di condizionare anche il campo avversario. Perché ovviamente Monti cercherà di non "scontentare" Berlusconi, cercando di arrivare a compromessi accettabili.
In questa situazione, il PD ha deciso di "distinguersi" non imponendo alcun paletto al governo Monti, quasi come a dire che darà una fiducia in bianco e che qualsiasi cosa farà andrà bene.
Questo significa rinunciare a fare politica.

Quando il governo Monti inizierà a portare in parlamento provvedimenti che metteranno sotto stress l'elettorato soprattutto di centrosinistra inizieranno i dolori. Già appare evidente che l'IDV è in posizione critica e che farà fatica ad appoggiare un governo sostenuto da Berlusconi e che va contro gli interessi del suo elettorato. La probabilità che Di Pietro passi all'opposizione è molto elevata.
Oltretutto quando si parlerà di lavoro e di pensioni buona parte del PD avrà voglia di sostenere le posizioni della CGIL in proposito.

Questo fatto porterà molti malumori nello schieramento di centrosinistra e servirà ai suoi avversari politici a sottolineare il fatto che PD, IDV e SEL possono vincere le elezioni ma poi hanno un'enorme difficoltà a governare insieme.

Dalla parte del centrodestra però la strada è altrettanto complicata dal fatto che alcuni provvedimenti del governo Monti potrebbero scontentare molto la Lega e quindi si potrebbe verificare una spaccatura insanabile tra la Lega e il PDL.
Tutto ciò fa pensare ovviamente alla possibilità che le formazioni attuali siano destinate a sciogliersi e a ricomporsi in modi differenti.

Quello che però fa la differenza è che Berlusconi è attivo e fissa paletti, mentre Bersani sostiene in bianco limitandosi a dire qualche "non sarebbe male se si facesse..." in contrasto ai paletti di Berlusconi. Normalmente chi si mette a trattare ottiene di più di chi non lo fa.

Insomma, io ho l'impressione che il governo Monti possa portare più danni al centrosinistra che al PDL, anche se potrebbe rendere insanabile il rapporto con la Lega.

C'è un motivo fondamentale dunque per il quale non siamo andati a elezioni. Il problema è che la consultazione elettorale non avrebbe garantito una maggioranza politica stabile e si sarebbe dovuto fare una grossa coalizione dopo il voto, solo che il PD avrebbe perso comunque deputati a favore di SEL che sarebbe entrata in parlamento e per di più c'era la possibilità che PD e PDL insieme non riuscissero ad avere il 50% +1 dei parlamentari.
Andare alle elezioni quindi avrebbe significato dover fare una legge elettorale proporzionale alla tedesca come piace a Casini.
Oggi invece PD e PDL potrebbero fare una legge maggioritaria con una larga maggioranza anche se tutti gli altri partiti votassero contro. Avranno il coraggio di farla?

domenica 13 novembre 2011

Senza idee non si cambia nulla...


Berlusconi si è dimesso! Evviva, evviva, ip ip urrà!

Ma sì, lasciamo pure che la gente festeggi, anche se a ben guardare non c'è niente da festeggiare.
Ok, per molti la persona che ha incarnato, secondo le loro idee, "il male assoluto", non c'è niente di più liberatorio di sapere che questa persona non siederà più sulla poltrona di presidente del consiglio.

Tuttavia Berlusconi, non è Hitler e la sua stagione politica non si è conclusa con un colpo di pistola in testa all'interno di un bunker ma, come accade negli stati "democratici" dell'occidente ha rassegnato le sue dimissioni.

Questo semplicemente per riportare la discussione dalla Luna alla Terra. In Italia non c'è stata alcuna dittatura negli ultimi 17 anni in cui Berlusconi è, per dirlo a modo suo, "sceso in campo".

Oggi probabilmente sarà dato l'incarico a Monti, persona dal curriculum eccezionale, non c'è dubbio, ma è uomo che è all'interno di istituzioni bancarie (Goldman Sachs), industriali (Coca-Cola Company), universitarie (Bocconi) e all'interno di organizzazioni mondialiste quali il gruppo Bildberg (di cui si conosce la lista dei partecipanti, ma viene tenuto segreto il contenuto delle discussioni) e la Trilateral Commission.

Cosa significa tutto ciò? Che a mio avviso il curriculum di Monti è sì eccezionale, ma fa comunque parte di una struttura oligarchica di potere.

Molti diranno che Monti è sicuramente meglio di Berlusconi, probabilmente è vero, ma di quale piano stiamo parlando? Dal punto di vista dei comportamenti privati? Dal punto di vista etico-morale?

La differenza in democrazia non la fanno solo gli uomini, ma le idee. Quali sono le idee di Monti? Teoricamente è un liberista di quelli che normalmente la sinistra tende a combattere, quindi da questo punto di vista è più vicino a Berlusconi che a Bersani, ma si sa in Italia la coerenza non esiste.

Il punto però è proprio questo. Per cambiare una nazione servono le idee, oltre che il coraggio. E io sono preoccupato da questo punto di vista, perché se le idee sono quelle di una persona che è all'interno di logiche elitarie e oligarchiche, è ben difficile che cambierà questo paese dando più poteri e partecipazione ai normali cittadini. Chi ha una mentalità elitaria normalmente tende a togliere vincoli alle classi dirigenti e a rendere l'accesso alle medesime sempre più complessa per i normali cittadini.

La Große Koalition all'italiana poi sarà uno spettacolo deprimente in cui la classe politica andrà avanti facendo finta di turarsi il naso per votare provvedimenti che finiranno per togliere una vita dignitosa ai cittadini che saranno i soliti e soli a pagare...

Quando ci renderemo conto che è tempo di prendersi l'Italia e cambiare le regole affinché diventi una democrazia con maggiore partecipazione, maggiore equità e maggiore possibilità di accesso alla scala sociale?
Non è dagli oligarchi che otterremo più democrazia...

mercoledì 26 ottobre 2011

Ci prendono in giro...

Ci prendono in giro.  Le misure che l'Europa sta chiedendo all'Italia, non servono a rilanciare l'economia. Servono a diminuire il debito e non è la stessa cosa.

Quello che accadrà è che saremo costretti a vendere i gioielli di famiglia, ovvero quelle quattro cinque aziende a partecipazione statale che funzionano, tipo enel, eni, generali, eccetera, e lo faremo dovendo svenderle.

Qualcuno in Europa probabilmente ci ha già messo gli occhi sopra. Questo porterà sviluppo economico in Italia? Manco per niente.

Certo, la riduzione del debito permetterà alle aziende di accedere a maggior credito, ma solo in teoria. Perché in Italia le banche non ti danno un centesimo se in realtà non dimostri che gliene puoi restituire uno e mezzo. In Italia, Microsoft, Apple e Google, non sarebbero mai nate, perché le banche italiane non gli avrebbero mai e poi mai prestato soldi solo su una buona idea.

La riduzione del debito è necessaria per evitare di gravare ulteriormente sulle tasche degli italiani in futuro. Infatti più cresce il debito e maggiori dovranno essere le tasse in futuro.

Quello che però andrebbe fatto per rilanciare l'economia è togliere i soldi a chi ce li ha e distribuirli in basso, alla povera gente, che in questo modo avrebbe i soldi per andare avanti. Si rimetterebbero in moto i meccanismi del lavoro e le imprese tornerebbero a produrre.
Dalle crisi si esce sempre allo stesso modo, facendo in modo che la gente abbia un lavoro e reddito sufficiente.

martedì 4 ottobre 2011

Caro Paolo Attivissimo...

Paolo Attivissimo: "Ma la moderazione sì".

Ok Paolo, prendo questa tua affermazione per quello che è, una moderazione a senso unico nei miei confronti e quindi di fatto un'espulsione dal tuo blog.

Vedi Paolo, tu sei un bravo giornalista e un ottimo debunker, ma il moderatore ti riesce male.

Lasci che le persone intervengono a gamba tesa su di me, tipo quando mi danno del "fuffaro", quando mi accusano di spostare paletti senza averlo fatto, quando mi accusano di aver detto cose mai dette e liberamente inventate di sana pianta dal mio interlocutore e quando io chiedo al mio interlocutore di non interpretarmi, di non mettermi in bocca cose che non ho detto, di non spostare i paletti, arrivi a prospettare a me la moderazione?

Se questa è la logica del tuo modo di moderare, a senso unico a favore di chi invece entra a gamba tesa nei miei confronti, solo perché magari hai colto un "tono" provocatorio da parte mia, allora non sono libero di esprimermi in questo blog. E quindi non ha senso rimanervi.

Vorrà dire che quando mi capiterà qualcuno che crede in leggende metropolitane o complotti di vario tipo, lo lascerò semplicemente perdere e non gli dirò come ho sempre fatto di andarsi a leggere il tuo blog.
Ci vuole credere? Scemo io che cerco anche di convincerlo del contrario.

Qui tu sei il padrone e fai come vuoi, ma questo commento lo pubblicherò pari pari anche sul mio blog, non si sa mai venisse "moderato". Almeno lì chi ci capita potrà leggerlo e farsi un'opinione.

Saluti,
Roberto.

sabato 17 settembre 2011

Cose da fare...


Cose da fare per risolvere questa crisi economica e politica.

1) Istituzione della moneta elettronica per i pagamenti. Attuare una politica che ci porti nel giro di 5 anni a non usare più banconote e monete per fare pagamenti, ma usare solo bancomat e carte di credito. Meglio ancora se si fa un portafoglio elettronico. Per fare in modo che la gente sia disincentivata a usare le banconote nel corso di questi 5 anni è sufficiente permettere ai cittadini di scaricarsi il 5% di tutte le transazioni fatte con il portafoglio elettronico. Si creerebbero posti di lavoro e diventerebbe molto difficile compiere moltissimi crimini, tra i quali l'evasione fiscale.

2) Istituzione dell'ora lavorativa minima a livello nazionale, valida per tutti i contratti di lavoro. Una volta stabilito il valore di questo parametro, bisogna stabilire che i contratti a tempo determinato devono avere un minimo salariale lordo pari ad almeno 1,25 volte il lordo salariale minimo di un contratto a tempo indeterminato. Tutti gli altri tipi di contratti, saranno pagati 1,5 volte il minimo salariale lordo di un contratto a tempo indeterminato.

3) Stabilire un meccanismo di modifica del valore dell'Ora lavorativa minima in modo che il mercato raggiunga la piena occupazione e allo stato entri dell'extra gettito.

4) Stabilire dei livelli di merito all'interno delle aziende in modo tale che sia incentivata sia la cooperazione che la competizione.

5) Suddividere una grossa parte dell'extra gettito tra la popolazione a seconda dei livelli di merito acquisiti. Questo permettà di ridurre la pressione fiscale e farà in modo che le persone con reddito più basso dispongano di un po' più di reddito.

6) Eliminare la possibilità che un'azienda controlli un'altra azienda. La proprietà delle aziende deve essere esclusivamente in mano a persone reali.

7) Eliminare la possibilità che aziende possiedano quote di banche e che le banche possano controllare direttamente le aziende. Una banca può acquisire quote azionarie di una società ma non può esprimere consiglieri, né esprimere il diritto di voto. Solamente le persone reali possono controllare e gestire le aziende. Una banca che possieda quote di aziende può guadagnare solo ed esclusivamente attraverso la vendita delle quote suddette.

8) Impedire il subappalto dei lavoratori. Una società può appaltare la gestione di servizi ad altre aziende, ma queste non possono a loro volta appaltare il servizio ad aziende terze. Qualsiasi lavoratore di un'azienda terza trovato a lavorare per l'azienda committente, dovrà essere da questa assunta a tempo indeterminato con il massimo salario presente in azienda di un lavoratore con livello e competenze simili e con il pagamento triplicato del salario per tutto il periodo in cui ha lavorato in questa condizione.

9) Riforma totale delle amministrazioni pubbliche; individuazione dei settori di interesse pubblico generale. Per i settori di interesse pubblico generale si appalta con gara esclusivamente europea la gestione dei servizi. Per tutti i settori che non sono d'interesse pubblico, privatizzazione totale di aziende di proprietà delle pubbliche amministrazioni.

10) Riforma totale dello stato in senso federale basato sulle assemblee popolari. Il minimo aggregato amministrativo deve essere non inferiore ai diecimila abitanti. Istituzione del bilancio partecipato per ogni minimo aggregato amministrativo. Vengono istituite per ogni cittadino due assemblee popolari in cui verrà iscritto. Una di tipo territoriale e una di tipo transterritoriale. A ogni assemblea verranno date competenze diverse. I cittadini eleggono in ogni assemblea i rappresentanti per i livelli amministrativi superiori. In questo modo si costituisce un sistema elettorale a costo zero dove ogni cittadino è messo alla pari con tutti gli altri e può essere eletto per le sue idee invece che per i soldi che spende per la campagna elettorale.

A esclusione dell'ultimo punto che costituisce il mio modo di immaginare una società del futuro più equa, democratica e in cui i cittadini possiedono più potere, tutti gli altri punti sono esclusivamente di natura economica.

mercoledì 7 settembre 2011

Appello al presidente della repubblica Napolitano.

Presidente,

la situazione economica è gravissima, siamo chiamati a fare enormi sacrifici per salvaguardare non solo l'Italia dal fallimento, ma anche per continuare a sperare che la moneta unica regga.

La situazione politica è quella che è: una tragedia. Mai visto uno stallo di questo tipo.
La manovra economica che ha appena superato la fiducia del senato è una manovra depressiva per l'economia e può portare oltretutto all'aumento dell'inflazione.
STAGFLAZIONE, una parola che è un incubo.

Possibile che nonostante la crisi sia di questa portata da nessuna parte del mondo si organizzano dei think tank economici in cui gli economisti di tutto il mondo si chiudono in una stanza e cercano di trovare delle soluzioni economiche nuove?

Le crisi economiche si risolvono tutte allo stesso modo: facendo lavorare la gente e facendo in modo che i redditi più bassi ricevano del reddito aggiuntivo.

C'è forse un provvedimento in queste manovre che va incontro a questi due principi? Non mi pare proprio.
Ok, lo stato deve ridurre il suo deficit e andare in pareggio di bilancio, ma se non si fa in modo che le persone possano lavorare e se non si fa in modo che i più deboli possano avere più reddito e quindi far ripartire i consumi, la coesione sociale di questo Paese salterà in aria.

Presidente, cominiciamo da qui, cominciamo dall'Italia a cercare una soluzione. Lei ormai è l'unica istituzione di questo Paese a rappresentare la coesione nazionale e quindi proprio in nome di quella coesione che lei rappresenta, può fare in modo che si faccia un think tank economico con economisti di maggioranza, di opposizione e se esistono anche indipendenti. Un think tank che sia aperto a idee che provengono da persone comuni come me.

La circolazione e il confronto delle idee è da sempre il motore dello sviluppo e della democrazia.
È chiaro che le scelte di politica economica sono scelte politiche, fatte dall'esecutivo e dal parlamento, ma visto che da quelle parti sono a corto di idee, facciamo in modo che gli arrivino dal popolo.

Io personalmente ho diverse idee che possono aiutare lo sviluppo di questo Paese, ma io sono una persona comune e vorrei poter avere la possibilità di discuterne con economisti e vorrei poter avere anche l'illusione che i miei progetti possano avere davvero una possibilità di essere utilizzati.
Ecco perché un think tank aperto a soluzioni provenienti dalle persone comuni sarebbe auspicabile, perché poi il think tank potrebbe suggerire le proposte al parlamento.

Qui non si chiede di scavalcare i ruoli e le competenze di ogni istituzione. Alla fine decide sempre il parlamento e la maggioranza, ma almeno si dà ai cittadini l'illusione e la speranza di poter fare veramente qualcosa per questo Paese.

Presidente, io qui sono una voce che parla nel deserto e dubito che il mio appello possa essere letto, ma almeno io ci provo.

giovedì 11 agosto 2011

Frustrazione...

La crisi dei debiti pubblici è alla fine scoppiata. Doveva accadere, sta accadendo.
Trovarsi qui, con una possibile soluzione per far ripartire l'economia, per fare in modo che le imprese riprendano a produrre, che l'occupazione salga e che ripartano i consumi ed essere allo stesso tempo una voce che parla nel deserto, incapace di farsi ascoltare dalle persone che contano è veramente frustrante.

I politici non hanno la più pallida idea di come uscire dalla crisi. In tutto il mondo, non solo in Italia.
Io invece sì. Ma io non conto nulla. Sono l'ultimo dei cittadini di questo pianeta. Una voce che parla nel deserto, dove ogni tanto passa qualcuno, probabilmente anche costui tra gli ultimi cittadini del mondo.

Ho scritto al capo dello stato un paio di settimane fa. Spero che possa servire a qualcosa, ma non mi faccio illusioni. Intanto il tempo passa e ogni giorno vanno in fumo centinaia di miliardi di euro in tutto il mondo.
Significa imprese che chiudono, persone che perdono il lavoro, famiglie in difficoltà...

E mentre la politica litiga su chi deve pagare la crisi, nessuno veramente pensa a come uscirne.
Perché quando la crisi vuoi farla pagare a qualcuno, vuol dire che non hai la più pallida idea di come invece invertire la rotta.
Patrimoniali, tagli delle pensioni.... qualcuno mi spiega come questo possa far RIPARTIRE l'economia invece di FRENARLA?

La verità è che chi detiene il potere e ha facolta di decidere, sta pensando soltanto a salvaguardare i propri interessi di bottega. Si aspetta che passi la tempesta e come al solito, faranno in modo che tutto cambi affinché nulla cambi...

Taglieranno il numero dei parlamentari, così faranno realizzare il sogno di Berlusconi di far votare solo i capigruppo. Eleggere un parlamentare diventerà un'impresa per i nuovi movimenti e tutto con il tacito consenso del popolo (o popollo?) che invece di fare il suo interesse, ovvero fare in modo che la politica diventi più accessibile a chiunque, indipendentemente dal reddito e dai gruppi d'interesse, fa in modo che la politica diventi meno accessibile, che a comandare siano sempre di meno e che costoro siano sempre di più condizionati dai gruppi d'interesse.

La furia cieca del popolo viene sempre usata dai demagoghi contro gli interessi del popolo stesso.
Ma quando la gente è in preda all'ira è impossibile farla ragionare.
Anche questo produce in me un senso di frustrazione.

Io ci ho provato e ci sto provando con questo blog a farvi capire che ci stanno ingannando, che la demagogia impera e che l'oligarchia diventa sempre più forte.
Il problema è che è impossibile parlare ai tifosi. Ci si può provare, ma nella maggioranza dei casi è tempo perso.

martedì 26 luglio 2011

Risolvere la crisi.

Scrivo questo articolo sia per ribadire quanto detto negli articoli precedenti e sia perché ho avuto nuove idee che possono essere applicate al modello socio-politico-economico attuale.

Il mio sistema si basa su due meccanismi separati. L'OLM (ora lavorativa minima) e i livelli di merito.

In tutti i contratti di lavoro viene fissato il minimo salariale da corrispondere ai lavoratori e questo minimo viene di volta in volta concordato in sede di rinnovo contrattuale.

L'introduzione dell'OLM andrebbe a parificare tutti i contratti di lavoro stabilendo un minimo salariale che è uguale per tutto il territorio nazionale e per tutti i tipi di lavoro.
Tutti i salari, le pensioni, ma anche le obbligazioni e le azioni saranno quindi calcolate in OLM.
Per esempio un salario da 2000 euro lorde al mese con il valore dell'OLM a 8 euro corrisponde a un salario lordo mensile di 250 OLM.
La differenza più importante è che l'OLM non è fisso ma varia, di mese in mese, a seconda dell'inflazione (e di altri parametri che possono essere stabiliti da economisti) in modo tale che se l'inflazione sale l'OLM scende e viceversa.

Dal momento che l'inflazione raramente tende a scendere ma anche se di poco tende a salire costantemente, questo vorrebbe dire che se l'OLM scende da 8 euro a 7,99 euro il salario lordo mensile di 250 OLM corrisponde a 1997,5 euro.
Questo significa che 2,5 euro restano all'azienda invece che al lavoratore.
Ora quei 2,5 euro saranno però tassati due volte. Una volta con le tasse aziendali e una seconda volta con le tasse del proprietario d'azienda.
Questo vuol dire che lo stato intasca più soldi senza mettere altre tasse. Ma vuol dire anche meno spese per lo stato perché anche gli impiegati pubblici costano di meno.

È anche possibile che l'azienda usi i soldi in più che si trova per assumere altre persone, che in realtà è proprio quello che vogliamo che accada, perché in questo modo l'azienda espande la produzione e aumenta l'occupazione e forse l'azienda può anche decidere di diminuire il prezzo dei prodotti e/o dei servizi che eroga.

In parole povere l'OLM produrrebbe uno spostamento della curva d'offerta producendo di più a prezzi più bassi e consentendo allo stesso tempo di aumentare l'occupazione.

Il secondo meccanismo, quello dei livelli di merito ha lo scopo di fare in modo che le persone possano avere a disposizione del reddito aggiuntivo.

Come abbiamo visto, il sistema dell'OLM produce sicuramente una riduzione dei costi dello stato in quanto gli impiegati costano di meno e anche le pensioni. Ma è anche vero che ci sono maggiori entrate fiscali dalle tasse aziendali e dalle tasse sulle persone.
Dal momento che aumentano le entrate fiscali è però vero che diminuiscono i soldi destinati ai consumi generali a meno che la banca centrale non abbia fatto crescere lo stock di moneta, cosa che accade abbastanza spesso.
In ogni caso per lo stato si crea dell'extra gettito rispetto alla situazione standard.
Se uno stato ha fatto una manovra di bilancio per ottenere il pareggio quando il valore dell'OLM era a 8 euro, se il valore dell'OLM scende lo stato avrà un bilancio in positivo.

Ora lo stato può decidere di usare un terzo di questo bilancio extra per ridurre il debito mentre i due terzi può distribuirli ai cittadini secondo un criterio di merito che favorisce sia la competizione che la collaborazione sui posti di lavoro.
Chi avrà livelli di merito più alti riceverà una maggiore quota di reddito rispetto a chi ha livelli di merito più bassi.
In questo modo i lavoratori avranno più reddito da destinare ai consumi.

Come vedete i due meccanismi si tengono insieme perché il primo fa diminuire i costi aziendali e quindi produce un aumento dell'offerta, mentre il secondo produce un aumento dei consumi e quindi produce un aumento della domanda.

La mia idea è quella di legare il valore dell'OLM all'inflazione, ma si potrebbe decidere anche che sia stabilito dalla banca centrale secondo parametri più complessi.

Se si attuassero questi meccanismi la crisi economica sono convinto che potremmo superarla alla grande e anzi, si potrebbe andare verso un nuovo periodo di prosperità.

giovedì 14 luglio 2011

Crisi economica - La mia soluzione (Parte 4)

Tornando alla domanda fatta in precedenza, l'introduzione dell'OLM riesce a ridurre i costi aziendali senza provocare una riduzione del numero dei lavoratori (anzi, facilita la piena occupazione) e senza provocare una perdita di qualità e di specializzazione.

Già questa è di per se una buona cosa. L'introduzione dell'OLM facilita anche il riassorbimento delle situazioni di crisi come la cassa integrazione.

Ma guardiamo un attimo l'equazione del PIL.

Y = C + I + G + NX

Diminuendo i costi aziendali con l'introduzione dell'OLM si mettono in moto meccanismi che portano alla riduzione dei prezzi dei prodotti e dei servizi. Il PIL si misura su prodotti e servizi finali ma esistono tutta una serie di prodotti e servizi che fanno parte della filiera produttiva. Anche questi subiscono la riduzione dei costi.

Prendiamo per esempio la produzione del pane. Il panettiere per produrre il pane ha bisogno di energia (il calore del forno), di macchinari (il forno, l'impastatrice, ecc...), di lavoratori (quindi salari) e delle materie prime (farina, lievito, sale, acqua, ecc...)
A parte i macchinari che probabilmente verranno cambiati a distanza di anni, il costo delle materie prime può incidere sui costi finali. La panetteria compra la farina da un'altra azienda.
L'azienda che produce farina ha anch'essa i suoi costi che sono suddivisibili ugualmente in energia, macchinari, salari e materie prime.
Per semplicità stiamo escludendo i costi legati per esempio agli affitti dei locali dove avviene la produzione.

L'azienda produttrice di farina avrà anch'essa una riduzione dei costi di produzione e così lo stesso l'azienda agricola che fornisce il grano all'azienda produttrice di farina.

Dove ci porta questo discorso? Più è lunga una filiera produttiva tra le materie prime di partenza e il prodotto finale e maggiori saranno i risparmi sul prodotto finale, poiché oltre ai salari, anche le materie prime costeranno di meno e quindi anche i prodotti intermedi.

Guardando l'equazione del PIL quindi ci accorgiamo che l'introduzione dell'OLM ha comportato i seguenti benefici:
1) I costi aziendali sono più bassi.
2) Avendo costi più bassi le aziende possono fare più investimenti (la I dell'equazione).
3) Gli investimenti portano a un'espansione della produzione.
4) L'espansione della produzione fa scendere i prezzi di equilibrio.
5) La diminuzione dei prezzi di equlibrio crea un circolo perché incide sul punto 1.
6) Spostando il reddito dai lavoratori alle aziende il governo riscuote più tasse.
7) Il costo degli impiegati pubblici diminuisce e diminuendo anche i prezzi generali, diminuiscono anche i costi complessivi dell'amministrazione.
8) Con più tasse e meno spese il governo può risanare il debito, tagliare le tasse o aumentare la spesa in investimenti (energia, infrastrutture, informatizzazione, ecc...) (la G dell'equazione)
9) La riduzione delle tasse può creare un'ulteriore ciclo perché incide sul punto 1 oltre ad espandere la produzione grazie al moltiplicatore.
10) La riduzione del debito pubblico può favorire gli investimenti dei privati perché il governo preleva di meno dal risparmio delle famiglie
11) Maggiore spesa pubblica fa aumentare il PIL.
12) Poiché i costi di produzione diminuiscono, i prodotti e i servizi nazionali diventano più competitivi all'estero poiché i prezzi si abbassano. (La NX dell'equazione)
13) Il rafforzamento sul mercato estero verrà contrastato dal rafforzamento della moneta interna (l'euro) ma questo favorirebbe ulteriormente un paese come l'Italia in quanto con una moneta forte potrebbe comprare molte materie prime di cui il paese è privo a prezzi ridotti.
14) La competitività dei prodotti italiani nell'area euro potrebbe essere contrastata solo se anche gli altri paesi adottassero l'OLM.

Tutto ciò può essere fatto anche con il sistema istituzionale attuale, ma se si riuscisse a cambiare totalmente la struttura istituzionale con l'introduzione delle assemblee popolari e un sistema federale su queste basato, si potrebbe introdurre la ciliegina sulla torta che è quello del sistema basato sui livelli di merito (vedi: http://nuovadem.blogspot.com/2011/06/sconfiggere-la-poverta.html ) che andrebbe a dare ai lavoratori del reddito aggiuntivo e che farebbe aumentare la domanda interna alimentando i consumi e senza far alzare i costi di produzione aziendali.
Pensate che questo sistema riuscirebbe a funzionare anche con la quantità di moneta lasciata sempre costante.

Con il sistema dei livelli di merito e l'OLM si stimolano tutte le componenti del PIL.
1) Più consumi.
2) Maggiori investimenti privati.
3) Maggiori investimenti pubblici e/o riduzione del debito e/o riduzione delle tasse.
4) Prezzi più competitivi all'estero e/o una moneta più forte che ci permetterebbe di comprare materie prime a prezzi più bassi.

E per finire, per i cittadini un maggiore potere d'acquisto.

Ma ci sono anche tante cose che una ristrutturazione dello stato permetterebbe di fare e di migliorare.
L'introduzione del bilancio partecipato nelle comunità territoriali più piccole, l'introduzione della moneta elettronica (fatta in modo da salvaguardare la privacy) che renderebbe più difficile l'evasione fiscale (se non impossibile) e farebbe diventare molto costose da realizzare moltissime attività criminali e quindi si strozzerebbe economicamente la criminalità.

La privatizzazione totale di tutte le imprese pubbliche dalle grandi aziende di stato alle piccole municipalizzate con però la proprietà statale delle reti energetiche, telefoniche, delle reti di trasporto, delle strutture sanitarie (ospedali, ma anche reti idriche e gestione rifiuti) e scolastiche. Lo stato poi a diversi livelli federali deciderà di affidarne la gestione a strutture private in base a gare d'appalto che ne valuterà i costi, la qualità e il rapporto qualità/prezzo e che poi sceglierà attraverso l'intervento di una larga base popolare che esprimerà il suo voto.

Infine anche l'obbligo per le amministrazioni pubbliche di destinare il 20% del bilancio non a spesa ma a risparmio attraverso l'acquisto di titoli di stato di nazioni dell'area euro e degli alleati che abbiano un governo non dittatoriale.

Attraverso una rimodulazione delle tasse è inoltre possibile finanziare in modo molto più efficiente la ricerca, l'istruzione e la sanità.

Un sogno? Per trasformarlo in realtà ci vuole solo la ragione, il coraggio e il sostegno popolare.

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mercoledì 13 luglio 2011

Crisi economica - La mia soluzione (Parte 3)

Ritorniamo per un attimo all'equazione del PIL

Y = C + I + G + NX

Se ci pensate bene, quella G rappresenta tutte le attività pubbliche, quindi non solo lo Stato, ma anche le divisioni amministrative di questo, come le regioni, le provincie, i comuni, eccetera.
Anche nello stato ci sono impiegati.

Che cosa succede quindi se il valore dell'OLM diminuisce?
Succede che i lavoratori percepiranno un salario nominale inferiore, mentre le aziende avranno profitti più alti.
Ora è risaputo che la tassazione dello stato è progressiva. E quindi uno stesso euro sarà tassato differentemente a seconda dello scaglione di reddito nel quale ricade.
Con uno spostamento di reddito verso i proprietari di azienda, allo stato entrano più soldi.
Inoltre tutti gli impiegati pubblici costeranno di meno.

La diminuizione del valore dell'OLM significa per lo stato, maggiori entrate e minori uscite.
Questo significa migliorare il bilancio dello stato e avere spazio di manovra. Ora il governo può decidere o di aumentare le spese, producendo comunque un aumento del PIL oppure di tagliare le tasse e produrre lo stesso un aumento del PIL, oppure può decidere per la riduzione del debito che è cosa buona e giusta in quanto lo stato dovrà ricorrere a un minor quantitativo di titoli di stato per finanziarsi.

Supponiamo che decida di tagliare le tasse sul lavoro nell'ottica di favorire un'espansione del lato offerta.
Ora le imprese avranno minori costi sia in termini di salari che in termini di prelievo fiscale. Possono espandere la loro produzione. L'espansione della produzione a parità di domanda si traduce in maggiore quantità a un prezzo più basso.

Queste cose non accadono repentinamente ma ovviamente hanno bisogno di tempo. Il governo non taglia le tasse da un mese all'altro, ma lo fa da un anno al successivo. Questo vuol dire che magari prima che vengano prese determinate decisioni il valore dell'OLM potrebbe aver subito diverse modificazioni.

Non dimenticate che il prezzo di mercato è determinato prima di tutto dalla quantità domandata e dalla quantità offerta. I costi di produzione servono a determinare fino a che quota una società può produrre al prezzo di mercato. Ovviamente più sono bassi i costi di produzione e maggiore è la quantità offerta e quindi a parità di domanda il prezzo necessariamente deve scendere.

Tenete conto che anche dove la domanda scende il prezzo tende a scendere. Faccio un esempio. Se il salario di molte persone diventa più basso, magari preferiranno comprare più carne di pollo e meno carne di manzo. Di conseguenza la carne di pollo tende ad aumentare di prezzo mentre la carne di manzo tende a diminuire. Una variazione di prezzo di un bene costoso incide sul paniere dell'inflazione maggiormente rispetto alla variazione del prezzo di un bene poco costoso.
Per esempio nel paniere istat del 2011, la carne bovina ha un peso pari a 18.147 e la carne di pollo ha un peso di 6.406. Tenete conto che la somma di tutto il paniere è paria a 1.000.000.
Quindi una variazione dell'1% del costo della carne bovina ha un effetto maggiore della variazione dell'1% del prezzo della carne di pollo.

È anche vero che con salari più bassi aumenta l'occupazione e quindi è possibile che alcune famiglie percepiscano due o più stipendi e che quindi il loro reddito complessivo sia maggiore e che quindi la stessa famiglia ora preferisca comprare più carne bovina.
Il valore dell'OLM potrebbe scendere fino a che non si raggiunge un regime di piena occupazione e quindi con un tasso di disoccupazione molto basso (un minimo di disoccupazione esiste). A quel punto il suo valore dovrebbe tendere a stabilizzarsi in un'economia con quantità di moneta sostanzialmente fissa.

Il fatto è che generalmente le banche centrali per sostenere la crescita incrementano la quantità di moneta in circolo accettando una minima inflazione. Non c'è dubbio però che anche in questa situazione l'OLM facilita un'espansione dell'offerta e quindi sostanzialmente l'inflazione anche se creata dalle banche centrali viene fortemente contrastata.

Ovviamente solo l'introduzione dell'OLM non basta, ma di questo ne parlerò nella parte 4.

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Crisi economica - La mia soluzione (Parte 2)

Come si può incidere sul lato offerta senza causare una riduzione del numero dei lavoratori e una riqualificazione verso il basso delle capacità dei lavoratori?

Per rispondere a questa domanda però dobbiamo prima parlare della necessità di separare il tasso d'interesse reale dall'inflazione.
Oggi come abbiamo visto, se aumenta l'inflazione le banche centrali cercano subito di contrastarla aumentando i tassi d'interesse.
Più il tasso d'interesse è alto e più rapidamente si creano disparità di reddito tra cittadini ricchi e cittadini poveri. Quindi è necessario fare in modo che i tassi restino bassi.

Per evitare che i tassi d'interesse possano salire per contrastare l'inflazione è necessario trovare un meccanismo che abbia lo stesso scopo e che non coinvolga il tasso d'interesse.

A tale scopo ho inventato quella che io ho chiamato con l'acronimo OLM che sta per Ora Lavorativa Minima. Questo parametro è collegato al valore dell'oro e al tasso d'inflazione.
Di fatto l'OLM esprime una quantità d'oro ma non è scambiabile con questo. L'OLM può essere scambiato con il valore nominale in una determinata moneta (per esempio l'euro) della quantità d'oro che esprime.

Perché collegare l'OLM all'oro? Le ragioni sono molte ma finirei per dilungarmi troppo e deviare dal tema principale.
L'OLM corrisponde al minimo valore lordo che si può corrispondere per un'ora di lavoro.
In questo "valore lordo" devono essere anche compresi i contributi pensionistici.

Per fare un esempio, ipotiziamo che questo parametro esprima una quantità d'oro pari a un valore nominale di 8 euro.
Tutte le azioni, le obbligazioni e i salari verranno quindi espresse in OLM. Per esempio un salario lordo (contributi compresi) di 1000 euro mensili corrisponde a 125 OLM mensili. Un'azione aziendale da 20 euro corrisponde a 2,5 OLM e così via.

In pratica è come se l'OLM fosse una seconda moneta senza però avere la funzione di moneta. Le persone spendono in euro, non in OLM.
Anche se l'OLM è basato sull'oro il suo valore nominale è parametrizzato in modo tale che se il prezzo dell'oro sale o scende è la quantità d'oro che sale o scende cercando di far rimanere il valore nominale in una determinata moneta più o meno costante (per evitare speculazioni).

Ma come è collegato l'OLM all'inflazione? In modo del tutto opposto a quello che la gente potrebbe pensare. Se aumenta l'inflazione l'OLM diminuisce. Se l'inflazione scende l'OLM aumenta. Praticamente stronca sul nascere ogni bolla speculativa e ogni inizio di crisi economica.

Supponiamo che ogni mese il valore dell'OLM venga aggiustato sia per la variazione del prezzo dell'oro e sia per l'inflazione.
Ipotiziamo di partire il primo mese con un valore nominale di 8 euro per ogni OLM e di avere un salario lordo mensile di 1000 euro pari a 125 OLM.

Chiariamo subito un altro punto. Il PIL nominale che si esprime con la formula Y x P dove P sta per livello dei prezzi è pari alla quantità di moneta M moltiplicata per la velocita di circolazione della medesima V.

M x V = P x Y

Il livello dei prezzi è strettamente legato all'inflazione. Se M x V è costante, allora più sono alti i prezzi e minore è il PIL reale, mentre viceversa minore è il livello dei prezzi e maggiore è il PIL reale.

Supponiamo quindi che M x V sia costante, cosa generalmente vera nel breve periodo come potrebbe essere la distanza di un mese.
Supponiamo che tra un mese e il successivo il tasso d'inflazione mensile sia aumentato (come di solito accade) e che quinidi il valore dell'OLM sia passato da 8 euro a 7,99 euro. Questo significa che c'è uno spostamento di reddito dai lavoratori verso le aziende presso cui lavorano. Si tratta di un centesimo per ogni OLM che difficilmente può incidere sui consumi dei lavoratori.
Per il lavoratore che guadagnava 1000 euro mensili quando l'OLM valeva 8 euro e quindi aveva un salario da 125 OLM mensili la perdita si traduce in 1,25 euro in meno di stipendio al mese. Ci si può aspettare una diminuzione della domanda.

Fondamentalmente non incide neanche di molto sui costi di un'azienda. Perché se un'impresa ha 100 dipendenti da 125 OLM mensili ha una riduzione dei costi di 125 euro mensili. Tuttavia se il valore dell'OLM non dovesse subire ulteriori variazioni nel corso dell'anno si avrebbe un risparmio di 1500 euro, che può sembrare poco, ma può significare anche l'acquisto di un paio di portatili in più da parte dell'azienda e quindi la possibilità di aumentare la produttività. Ma può anche significare per l'azienda diminuire il prezzo dei prodotti o dei servizi.

Che succede invece se diminuisce l'inflazione? In questo caso il valore dell'OLM aumenta. Supponiamo che passi da 8 euro a 8,01 euro. In questo caso ogni lavoratore dell'azienda di prima avrà un guadagno di 1,25 euro al mese che con 12 mensilità magari significa un guadagno di 15 euro in un anno. Significa che magari qualcuno vedrà un film di più al cinema comprando popcorn e bevanda.
Di contro per l'azienda significa una perdita di 125 euro al mese rispetto a prima e quindi 1500 euro all'anno nel caso in cui non vi siano ulteriori variazioni mensili del valore dell'OLM.
Questo potrebbe significare per un'azienda magari dover licenziare una risorsa (perché il costo marginale diventa maggiore del beneficio marginale) oppure aumentare il prezzo dei suoi prodotti o dei suoi servizi in modo da poter recuperare i 125 euro mensili in meno.

Dal punto di vista delle attese, sapendo che l'OLM è aumentato per tutti, all'azienda conviene rimanere con la risorsa in più oppure aumentare il prezzo dei prodotti o dei servizi perché ci si può attendere un aumento della domanda che andrà quindi a compensare il mancato introito.

Ma questa distribuzione differente di reddito perché dovrebbe incidere sull'inflazione? Ok, se sale l'inflazione diminuisce il reddito dei lavoratori, ma non è detto che diminuiscano i consumi perché la diminuzione del costo del lavoro intanto può portare a nuove assunzioni inoltre la parte di reddito che rimane alle aziende può essere spesa dalle aziende stesse in altri consumi, oppure finire negli utili e di qui passare ai proprietari che potrebbero quindi aumentare i loro consumi.

Oltretutto sembra anche un'ingiustizia che l'inflazione vada a penalizzare i lavoratori e favorire i proprietari delle aziende.
Vi dimostrerò che non solo i lavoratori alla lunga non saranno penalizzati, ma anche che questo meccanismo è veramente in grado di controllare l'inflazione. Ma questo solo nella parte 3.

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martedì 12 luglio 2011

Crisi economica - La mia soluzione (Parte 1)

Premetto che io non sono un economista e che ho studiato economia solo per mio interesse personale proprio per costruire una nuova società.

Detto questo però sfido qualsiasi economista a negare la validità del mio ragionamento.

Per decenni si è pensato di stimolare la crescita economica facendo crescere la domanda. Si sono quindi attuate politiche miranti a far crescere lo stock di moneta. Chiariamo subito il termine tecnico dicendo che si agisce affinché aumenti la quantità di moneta nel flusso economico.

Questo come vediamo oggi è assolutamente insufficiente. Nonostante vengano mantenuti bassi i tassi d'interesse l'economia fatica a ripartire.
Certamente il debito pubblico e le regole europee che lo regolano fanno da freno allo sviluppo perché in sostanza il governo non può far crescere l'economia attraverso gli investimenti pubblici.

Per capire che c'entrano gli investimenti pubblici con la crescita economica devo scrivere l'equazione del PIL.

Y = C + I + G + NX

Dove:
Y = PIL
C = Consumi privati.
I = Investimenti privati.
G = Spesa pubblica.
NX = Esportazioni nette.

Come vedete dall'equazione, essendo G una componente direttamente proporzionale a Y, più cresce la spesa pubblica e più cresce il PIL.

Le regole europee però impongono il pareggio di bilancio.

B = T - G

Dove:
B = Bilancio
T = Tasse
G = Spesa pubblica.

Per esserci un pareggio di bilancio in uno stato in deficit, o si alzano le tasse oppure si tagliano le spese. Entrambi questi fattori sono depressivi. Le tasse incidono sulla componente C (consumi) del PIL, riducendo la spesa in consumi.
Evitando di mostrare equazioni per esperti (ma vi invito a leggere libri di economia in proposito) un aumento delle tasse va a incidere sul moltiplicatore del reddito(http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_macroeconomica#Moltiplicatore_sul_reddito_della_spesa_pubblica ).

Come vedete la situazione è molto più complessa di quella che può apparire. Nel momento in cui un governo non ha libertà di espandere l'economia o attraverso la riduzione delle tasse oppure attraverso l'aumento della spesa pubblica è un governo dimezzato. Il vero potere politico infatti da anni si è spostato in Europa, ma in Italia le opposte fazioni di tifosi non lo sanno oppure non gli importa.

Per uno stato in deficit come l'Italia, pareggio di bilancio vuol dire diminuzione della spesa pubblica e quindi soprattutto degli investimenti pubblici. Oltretutto se si decide di abbassare le tasse i tagli devono essere ancora maggiori. L'effetto complessivo sul PIL è un'incognita perché dipende dalla fiducia dei consumatori e dei produttori.
In uno stato di "crisi" le persone sono portate a modificare la loro propensione al consumo cercando di consumare di meno anche se questo atteggiamento che può sembrare del tutto sensato è invece un ulteriore freno alla crescita e anzi può innescare anche una profonda crisi.

Sempre a livello europeo, dove ormai c'è la politica che conta, la BCE ha alzato i tassi d'interesse dello 0,25% portando il costo del denaro all'1,5%.
Per le persone che non sanno cosa significa questo, in pratica la BCE per contrastare possibili spinte inflazionistiche riduce l'afflusso di denaro dal circolo economico, impoverendo tutta l'area dell'euro anche se le cifre possono sembrare esigue e facendo quindi diminuire la domanda di beni e servizi.

A questa situazione che già è difficile si aggiungono le tensioni internazionali e il rischio di default degli Stati Uniti che possono far ripiombare l'intero mondo in una crisi ancora più profonda di quella che abbiamo vissuto fino a ora.

Che cosa ci rimane da fare?
La mia soluzione parte dal principio che se non si può stimolare la domanda si deve necessariamente fare in modo da stimolare l'offerta.

Se si riesce a causare uno spostamento della curva d'offerta verso destra (per i profani, se si riesce a far crescere la quantità offerta per ogni livello di prezzo), a parità di domanda i prezzi generali dovrebbero scendere e quindi si andrebbe incontro a una sorta di deflazione ma che produce crescita del PIL reale.

Per fare un esempio. Supponiamo che oggi il paese di Tortopoli produca ogni giorno 100 torte al prezzo di 20 euro a torta. Il totale è quindi un prodotto di 2000 euro al giorno. Supponiamo che si riesca a produrre uno spostamento della curva d'offerta causata da una riduzione dei costi e che quindi si riescano a produrre 120 torte a un prezzo di 18 euro ciascuna. Il prodotto cresce da 2000 euro al giorno a 2160 euro al giorno. Ma stiamo parlando di "prodotto nominale" perché in realtà il prodotto reale è di 2400 euro. In parole povere 2160 euro valgono ora quanto valevano 2400 euro prima.
Se usiamo le percentuali, un aumento dell'8% del reddito nominale corrisponde a un aumento del 20% del reddito reale.

Ma facciamo un esempio ancora più particolare. Supponiamo che a Tortopoli la diminuzioni dei costi di produzione faccia produrre 125 torte a 15 euro a torta. Il prodotto nominale scenderebbe da 2000 euro a 1875 euro. Vuol dire che c'è stata una perdita economica? No, vuol dire che c'è stata una crescita economica del 25% in termini di reddito reale a fronte di una perdita del reddito nominale del 6,25%.

Ma se la teoria è favorevole, mettere in pratica questo tipo di azione economica senza causare grossi problemi è davvero complesso.
Tutte le imprese infatti cercano di abbattere i costi di produzione, ma riescono ad agire solo sui lavoratori attraverso una riduzione del personale prima e assumendo successivamente personale a costo più basso.

Così si impoverisce il sistema e vengono tagliati fuori dal gioco proprio le risorse con più esperienza e qualifiche. In periodo di crisi le aziende preferiscono fare considerazioni di quantità piuttosto che di qualità e quindi per loro è preferibile rinunciare a una risorsa costosa ma molto esperta e qualificata e magari sostituirla con risorse insesperte e meno specializzate il cui costo complessivo però è inferiore.

Le crisi economiche causano anche uno spostamento verso il basso delle capacità lavorative generali.
Come evitare questa dequalificazione lo esporrò nella seconda parte.

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lunedì 11 luglio 2011

La fine del mondo?

No, non c'entrano niente i Maya o Giacobbo. Qui parliamo della fine della civiltà, dell'entrata nella lunga notte... insomma del crollo dell'economia mondiale...

Ehi tu? Sì, proprio tu, non fare finta che non ti riguardi, perché ci sei dentro fino al collo.

Entro il 2 agosto gli Stati Uniti devono trovare un accordo sul loro debito. Un risanamento da 4000 miliardi di dollari. Avete letto bene, 4000 miliardi di risanamento, spalmato in 10 anni. Questo vuol dire 400 miliardi di dollari all'anno una cifra notevolmente superiore a quei 47 miliardi di euro della manovra di Tremonti spalmata oltretutto su 3 anni per la quale noi italiani ci stiamo incazzando (e scusate il termine ma non c'è sinonimo di pari intensità...).

Cosa succederà se non si riuscirà a trovare un accordo tra i Democratici e i Repubblicani? Che gli Stati Uniti saranno costretti a dichiarare bancarotta.

Avete presente lo tsunami del 2006? Quella è poca roba in confronto a quello che potrebbe capitare come conseguenza di una possibile bancarotta statunitense. Lo tsunami economico-finanziario travolgerà la vita di miliardi di persone. Sarà la fine della civiltà per come la conosciamo.

Il fatto che le conseguenze potrebbero essere così devastanti fa pensare a tutti che difficilmente la cosa potrebbe accadere. Come se di fronte al baratro le persone potessero finalmente buttare all'ortiche le loro profonde convinzioni e la loro mentalità di parte per diventare improvvisamente ragionevoli e responsabili.

La verità è che meno male che sono gli americani a dover stabilire le sorti del mondo e non gli italiani.
Perché se dipendesse dal senso di responsabilità e dalla capacità di ragionare degli italiani il 2 agosto gli italiani si preoccuperebbero solo di far apparire l'avversario politico come l'unico responsabile della catastrofe.

Eccoli lì i partiti politici! Associazioni capaci solo di dividere le nazioni, di spaccarle in blocchi contrapposti di tifosi dementi e che di fronte alla catastrofe rischiano e alzano la posta pur di ottenere una vittoria politica.
Tutto il mondo è paese. Gli Stati Uniti hanno dimostrato spesso che i loro partiti riescono a collaborare. Ma aver dipinto Bush come l'incarnazione del diavolo da parte dei democratici non ha fatto altro che alimentare una profonda spaccatura anche lì. I repubblicani hanno fatto la stessa cosa nei confronti di Obama come reazione.

Eccoci al punto. A questo mondo sono le persone ragionevoli che stanno perdendo.
E tu? Cosa sei? Sei una persona ragionevole? O sei un tifoso? La mattina quando ti alzi pensi di poter fare qualcosa per questo mondo oppure pensi che il mondo sarebbe migliore solo se non ci fosse la destra o la sinistra a seconda di come la pensi?

venerdì 8 luglio 2011

Bipolarismo e separazione dei poteri.

Il bipolarismo o il bipartitismo possono essere democratici solo ed esclusivamente se non esiste vincolo di mandato per i rappresentanti.

Qualcuno di voi già starà storcendo il naso pensando a Scilipoti o Mastella, ma l'argomento è serio ed è necessario discuterne.

Il "bipolarismo all'Italiana" in cui devono esserci schieramenti nettamente separati e contrapposti e che prevedono un solco invalicabile tra uno schieramento e gli altri non fa altro che portare l'Italia verso la dittatura della maggioranza.

Le repubbliche parlamentari esprimono la loro democraticità tanto più è possibile trovare una mediazione degli interessi e delle visioni personali all'interno del parlamento. Se si attuano leggi elettorali che costringono i partiti a fare una mediazione prima di entrare in parlamento le cose possono degenerare alquanto.

Una mediazione è tanto più democratica quanto maggiore è la distanza ideologica delle parti che devono trovare l'accordo. Teoricamente è più democratica una mediazione fatta tra PDL e IDV che non una fatta tra PDL e UDC oppure tra IDV e PD.

Una legge elettorale che costringe i partiti a raggrupparsi cercando quanto più possibile di essere "omogenei" tra loro di fatto rende più povero il confronto democratico.

Perché quando un gruppo omogeneo poi vince le elezioni ha la maggioranza necessaria per legiferare senza dover fare mediazioni con gli altri gruppi.

Le leggi vengono fatte quindi non nell'interesse degli italiani ma nell'interesse dei sostenitori del gruppo omogeno che ha vinto le elezioni (non sempre, ma in linea di massima sì).

In una repubblica parlamentare dove l'esecutivo viene eletto dal parlamento e da questo riceve la fiducia la democraticità è maggiore se le maggioranze si creano dopo il voto e non prima.

In Germania le maggioranze si formano dopo il voto e non prima anche se è ovvio che alleanze storiche tendono a riproporsi.
Anche in Inghilterra avviene lo stesso anche se lì c'è una monarchia parlamentare, un sistema maggioritario e un forte bipartitismo. L'ultimo governo di Cameron però ha visto la necessaria collaborazione di un terzo partito, senza il quale Cameron non potrebbe governare.
Ma Cameron non si è presentato ai blocchi di partenza insieme ai liberaldemocratici. L'alleanza non è nata prima, ma dopo.

E poi c'è il caso degli Stati Uniti. Lì sì che c'è un bipartitismo molto forte, ma c'è anche una repubblica presidenziale con una separazione tra potere legislativo e potere esecutivo. C'è una piccola interferenza tra i due poteri che vanno a costituire il cosiddetto sistema del "checks and balances". Il presidente ha il diritto di rigettare una legge, anche all'infinito e il parlamento fa la legge di bilancio.

Questa separazione dei poteri garantisce la mediazione nella stragrande maggioranza dei casi. È anche vero che spesso tra i due partiti c'è molta meno differenza di quanta ce ne sia nei partiti tradizionali europei, ma il fatto che esecutivo e legislativo siano separati tra loro spesso ha determinato un parlamento di un colore e una presidenza di colore opposto.

Non può esistere una terza via "all'italiana". Se si sceglie di stare in una repubblica parlamentare è necessario creare un sistema elettorale dove le maggioranze si formano dopo le elezioni e questo caratterizza sicuramente un voto più ideologico che non pratico. Viceversa se si vuole poter scegliere in anticipo un programma e una maggioranza è necessario passare a un sistema presidenziale.

Maggioranze precostituite in un sistema parlamentare non si vedono in nessuna delle grandi democrazie ma ricordano abbastanza gli stati dittatoriali del sudamerica.

Il mio punto di vista personale è che mentre la separazione dei poteri è una necessità assoluta, perché non si concentra nelle mani di pochi troppo potere, il bipolarismo e il bipartitismo ma in generale tutti i partiti sono superflui.
Si possono raggiungere risultati ancora migliori attraverso le assemblee popolari il cui tasso di democraticità è nettamente maggiore di quello di ogni partito.
La ragione è evidente. Ci sono partiti che nella loro storia hanno sostenuto o sostengono idee che non sono democratiche oppure che non hanno al loro interno una vera democraticità.
Le assemblee popolari invece sono democratiche perché le regole che le costituiscono sono democratiche.

Bisogna riuscire a uscire dalla cultura della contrapposizione e della guerra fredda civile tra blocchi partitici e politici contrapposti per dare finalmente spazio all'unica cosa che ci distingue dagli animali, ovvero la ragione.

lunedì 4 luglio 2011

Come lo salviamo il mondo?

http://www3.lastampa.it/ambiente/sezioni/ambiente/articolo/lstp/409863/

Ci sono riserve di cibo al mondo solo per 116 giorni e ovviamente ci sono le speculazioni sui terreni e sui biocarburanti da parte del mondo occidentale.
Io già me lo immagino il cittadino occidentale con il suo bel SUV a biocarburante che va in giro fiero di aver salvato il mondo dalle emissioni cattive di CO2 e che ignora del tutto che grazie a lui muoiono di fame ogni anno decine di milioni di persone...

Del resto non è colpa sua. Se perfino nello stesso giornale e nello stesso giorno esce fuori un articolo come questo:

http://www3.lastampa.it/ambiente/sezioni/ambiente/articolo/lstp/409865/

In questo articolo si definisce "promettente" l'uso dei biocarburanti. Promettenti per cosa? Per aumentare ancora di più la fame nel mondo?
Ma qualcuno lo vuole capire che bisogna fermarlo questo scellerato mercato in cui per produrre energia condanniamo a morte certa per fame milioni di persone?

In questo stesso articolo si parla poi dei cambiamenti climatici, sottointendendo che la colpa di tutto ciò va data al petrolio e al carbone e siccome l'ignoranza regna sovrana si vede come soluzione il gas naturale che viene considerato meno "inquinante". La CO2 non è un elemento "inquinante" visto che viene usato dalle piante e trasformata in "zuccheri" attraverso la fotosintesi. Ma quello che l'autore dell'articolo forse ignora è che il potere "serra" del metano è 21 volte superiore a quello della CO2.

Inoltre si prevedono scenari di innalzamento dei mari, siccità e altre fantastiche cose catastrofiche di cui l'unico responsabile è l'uomo... anzi, le lobby dell'energia...
Peccato però che poi escano notizie come questa:

http://www.meteogiornale.it/notizia/20743-1-il-sole-va-in-letargo

L'attività solare sta rallentando e potremmo (condizionale d'obbligo visto che nessuno aveva previsto il rallentamento dell'attività solare, vista la nostra scarsa conoscenza in merito) trovarci di fronte a un nuovo minimo solare come quelli di Dalton o Maunder.
Se questo dovesse avvenire e la temperatura del pianeta dovesse scendere come è del tutto prevedibile, tutte le dichiarazioni fatte sulle cause antropiche del riscaldamento terrestre finiranno nel cesso e giustamente scaricate come si conviene a un pacco di "stronzate".

Ma non è tutto. Se tutto questo dovesse accadere, noi i pannelli solari ce li diamo sulle gengive? Perché la teoria vuole che a un rallentamento o a un letargo dell'attività magnetica del Sole corrisponde anche una maggiore copertura nuvolosa. E questa copertura non solo fa diminuire la temperatura, ma produce "ombra" che fa abbassare notevolmente la resa dei pannelli fotovoltaici.

Le politiche "green" che fanno tanto FIGO chi le porta avanti, come se fosse un salvatore del mondo dalle cattive lobby petrolifere e dai cattivi governi che vogliono bombardare i cittadini con le radiazioni nucleari, generano VITTIME REALI nei paesi del terzo mondo. LA GENTE MUORE DI FAME PER COLPA DI QUESTE IDEE!

E per colpa di queste idee il costo dell'energia sale e questo non fa altro che danneggiare ulteriormente la gente povera. Ai ricchi non gliene importa nulla di pagare di più l'energia. Avete idea di quanti metri quadrati di pannelli solari possono istallarsi sui tetti delle loro case persone come Bill Gates o per restare in Italia, Berlusconi? Talmente tanti da poter perfino vendere energia agli altri.

Ve la immaginate invece una palazzina di otto piani con tre appartamenti a piano che vuole istallarsi i pannelli solari per risparmiare? Anche a coprire tutto il tetto di pannelli solari il contributo che spetta a ogni appartamento è minimo e saranno sempre costretti a comprare energia.
Gli impianti solari o eolici "domestici" sono più redditizi se installati su una villa che su una palazzina popolare. Ancora una volta il fiume va al mare e chi ci guadagna sono i ricchi e il citriolo gira gira finisce sempre nel solito posto...

Ma dire tutto ciò non fa FIGO. Diventi il cattivo nuclearista che vuole irradiare il mondo con le radiazioni atomiche.
E non importa un fico secco se esistono centrali che potrebbero funzionare perfino con le scorie oppure centrali come il Rubbiatron (http://it.wikipedia.org/wiki/Rubbiatron ) che potrebbe ridurre le scorte mondiali di plutonio e potrebbe far passare la radiotossicità delle scorie da centinaia di migliaia di anni a soli 500 anni.
Essere "green" fa FIGO, ma uccide milioni di persone ogni anno. Essere nuclearisti è come essere amici del diavolo, peccato che le centrali nucleari abbiano fatto molte meno vittime da quando esistono di quante ne produce un solo mese di politica "green" e siano una fonte energetica economica e che quindi costa meno ai cittadini sia sulla bolletta, ma soprattutto sui consumi perché oltre a essere i cittadini a risparmiare sulla bolletta, sono imprese, industrie e commercianti che avendo minori spese hanno anche profitti più alti e questo si traduce in nuovi posti di lavoro, maggiore concorrenza e prezzi più bassi.

Come lo salviamo il mondo? Spero che lo si salvi usando la ragione. E la ragione tante volte è controintuitiva. Ti fa vedere le magagne dove non vorresti che ci fossero e ti fa vedere le cose buone dove non pensavi che ci fossero.

martedì 28 giugno 2011

Sconfiggere la povertà...

Chi ha l'ambizione di voler ridisegnare una società deve cercare almeno di trovare soluzioni che possano risolvere problemi decennali se non addirittura secolari.

Fare in modo che i poveri possano "rientrare" nel gioco e non essere "abbandonati" a se stessi dalla società è sicuramente uno degli obiettivi che ci si deve porre.

Come si può fare per rendere i poveri "meno poveri"?

Teniamo presente che il sentimento di povertà è ben più importante della reale povertà economica.
Molte persone che rientrano nella fascia di povertà oggi, possiedono beni come quelli che aveva la classe media 50 anni fa. E un cittadino medio di oggi, vive molto meglio di un re medioevale pur non avendo forzieri d'oro e castelli.

Il concetto di povertà è relativo al benessere generale. In una situazione di povertà diffusa il cittadino povero condivide la sua situazione e di conseguenza si sente più integrato nella società di un povero che vive dove c'è un benessere diffuso.

Tanto più il reddito di un cittadino povero si distacca dal reddito medio e tanto più si sentirà povero.
Se 99 cittadini guadagnano 1 soldo e un cittadino guadagna 101 soldi, mediamente tutti i cittadini guadagneranno 2 soldi. La distanza del cittadino povero dal cittadino medio (che non esiste in questa situazione) è quindi di 1 soldo.
Viceversa se 10 cittadini guadagnano 1 soldo, 20 guadagnano 5 soldi, 40 cittadini guadagnano 10, 20 guadagnano 50 e gli ultimi 10 guadagnano 100 abbiamo un reddito complessivo di 2510 soldi e un reddito medio di 25,1 soldi. In questa situazione il cittadino povero che guadagna 1 soldo è distante di 24,1 soldi dal reddito medio e quindi si sentirà più povero.

Rispetto alla situazione precedente, il cittadino più ricco ha un reddito che si distacca di 74,9 soldi dal reddito medio mentre il cittadino più ricco della situazione precedente si distaccava dal reddito medio di 99 soldi.

I cittadini ricchi del secondo esempio sono "più poveri" del cittadino ricco del primo esempio, eppure un cittadino povero si sente più povero nel secondo esempio che non nel primo, perché il suo reddito si misura anche con i redditi di tutti gli altri e non solo dei più ricchi.

Si può notare come complessivamene le persone che nel primo esempio guadagnavano meno del reddito medio erano il 99% mentre nel secondo esempio erano il 70%
Nonostante le condizioni di vita generali sono migliorate (più reddito complessivo, minor numero di poveri), la gente si sente più povera nel secondo caso che non nel primo.


Nei costi di un'impresa ci sono i salari dei dipendenti. Se si vuole evitare che questi costi possano essere ridotti attraverso una diminuzione dei dipendenti o attraverso (laddove è possibile) una riduzione del salario è necessario che si attuino delle politiche che facilitino la diminuzione di tutti gli altri tipi di costi che un'azienda può avere. Quindi il costo dell'energia, delle materie prime, dei tassi d'interesse e di tutte le altre possibili componenti dei costi.

Ho già parlato in alte occasioni ( http://nuovadem.blogspot.com/2011/01/la-moneta-drogata-e-la-crisi-mondiale.html ) che anche una diminuzione del salario nominale può essere un vantaggio se in cambio si ottiene maggior potere d'acquisto.

Una società di questo tipo in pratica creerebbe uno spostamento della curva di offerta permettendo alle imprese di produrre maggiore quantità a prezzi più bassi.
Pagare di meno l'energia tra le altre cose produrrebbe un effetto di questo tipo.

Uno dei metodi per affrontare la povertà è quello di attuare delle politiche socialdemocratiche. Il problema della socialdemocrazia è uno stato molto pesante che alla fine tende a deprimere l'economia.
Infatti moltissime socialdemocrazie hanno liberalizzato o si sono totalmente aperte all'economia del libero mercato.

Io sostengo che si possono ottenere gli stessi vantaggi della socialdemocrazia, ma con uno stato minimo e il libero mercato.
Anche nel libro di economia da me citato che ha tra i suoi autori Ben Bernanke, l'attuale presidente della federal reserve, tra le soluzioni individuate per combattere la povertà c'è il trasferimento di reddito.
Ovviamente il problema del trasferimento di reddito è che la gente perderebbe l'incentivo a lavorare sodo se gli venisse concesso del reddito aggiuntivo gratuito.
Ma io sono convinto che la gente preferirebbe pensare che questo reddito aggiuntivo, anche se è un trasferimento di reddito, se l'è guadagnato.
Da qui la mia idea di creare un meccanismo di trasferimento che metta insieme il merito sul lavoro con il merito sociale.
Attraverso la creazione di livelli di merito chi ottiene livelli più elevati ottiene un maggiore trasferimento di reddito.
Per evitare che questo metodo sia "sabotato" è importante che sia applicato a tutti i cittadini indipendentemente dal reddito di partenza.
Anche se può sembrare contraddittorio che un ricco partecipi alla divisione di questo trasferimento di reddito, in realtà quello che conta è il volume di denaro che si riceve e quello che invece si paga con le tasse.

Prendiamo, per esempio, la situazione della divisione del reddito precedente, quello del secondo esempio e per semplicità ipotizziamo che tutti i cittadini abbiano livello di merito 1. Supponiamo che tutti i cittadini paghino una tassa del 30% del loro reddito e sempre per semplicità che tutta la quota sia interamente restituita in trasferimento di reddito.

Questo significa che per ogni livello di merito deve essere restituito un reddito di 7,53 soldi.
Di conseguenza ecco come dopo la distribuzione sarà il reddito:
10 persone avranno un reddito di 8,23 soldi
20 persone avranno un reddito di 11,03 soldi
40 persone avranno un reddito di 14,53 soldi
20 persone avranno un reddito di 42,53 soldi
10 persone avranno un reddito di 77,53 soldi

Rispetto a prima ora le persone più povere distano dal reddito medio per soli 16,87 soldi e possiede 7,23 soldi in più da spendere per vivere.
Come potete notare, tutte le fascie di reddito al di sotto del reddito medio ci guadagnano.
Prima la distanza tra il più ricco e il più povero era di 99 soldi, mentre ora la distanza si è ridotta a 69,3 soldi.

Questo tipo di politica funziona perché collega il guadagno di livelli di merito al rendimento sul lavoro, alla collaborazione con i colleghi (e quindi vengono punite tutte le strategie volte a fare carriera facendo le scarpe ai colleghi...) e alla partecipazione politica e sociale, perché cosa da non dimenticare il mio modello di società si basa sulle assemblee cittadine invece che sui partiti politici e per mantenere viva una società di questo tipo è necessario che i cittadini siano incentivati a partecipare. L'introduzione dei livelli di merito può risolvere molti problemi.

Ovviamente non è la panacea di tutti i mali. Deve essere fatta con criterio per funzionare e deve essere fatto in modo da favorire la produzione e il risparmio.

L'idea di fare politiche "più costose" che verranno bilanciate dal trasferimento di reddito basato sui livelli di merito, toglietevelo dalla testa.
Una vera democrazia può essere longeva e prospera solo se minimizza i costi sociali e quindi abbassa i costi economici e fa diminuire o annulla possibili tensioni sociali.
Fare politiche che alzano i costi di produzione (reddito dei dipendenti escluso) è da irresponsabili e possono portare alla dissoluzione di equilibri democratici importantissimi.

Minimizzare i costi sociali non è un suggerimento, è l'unica cosa. Senza questo importante principio nessun sistema democratico può reggere a lungo. Ed è a causa di politiche che non minimizzano i costi sociali che ogni sistema è destinato a fallire.

Di conseguenza qualsiasi società, e in particolare una società democratica, può sopravvivere se e solo se rispetta il principio di minizzare i costi sociali. Tutte le politiche che minimizzano i costi alla fine convergono verso un sistema democratico.

La povertà, può essere sconfitta, basta la volontà e la ragione.

lunedì 27 giugno 2011

Ancora sul potere d'acquisto...

Nell'articolo precedente ho messo a confronto famiglie e imprese italiane con quelle francesi.

Veniva fuori che una famiglia media francese spendesse in un anno 80 euro in meno rispetto a una famiglia italiana.
Qualcuno potrebbe anche pensare che in fondo 80 euro di differenza non sia poi una gran cifra e che anche la stima degli aumenti dei prezzi dovuti al caro energia potrebbe non essere così grande come si pensa.

Per farvi capire quanto invece sia grande il problema dovrò farvi vedera altre cifre e mettere a confronto il PIL pro capite sia nominale che PPA (parità di potere d'acquisto) tra i due stati.

Purtroppo non riesco a trovare i dati del 1987 dei due paesi che sarebbe stato interessante valutare.

Il PIL pro capite nominale del 2010 è il seguente:
Francia: 41019 dollari (USA)
Italia: 34059 dollari (USA)

Questo significa che il reddito medio pro capite nominale dei francesi è il 20% superiore a quello degli italiani.
Si tratta di una reale differenza di ricchezza?

Il PIL pro capite PPA del 2010 è il seguente:
Francia: 34077 dollari (USA)
Italia: 29392 dollari (USA)

Questo significa che il reddito medio pro capite a parità di potere d'acquisto dei francesi è del 16% superiore a quello degli italiani.
I francesi hanno una ricchezza di 4685 dollari (USA) in più ogni anno, che al tasso di cambio odierno di 1 dollaro = 0,707613926 euro equivale a 3315,17 euro in più ogni anno.

La Francia è probabilmente l'economia europea più fortemente caratterizzata dall'intervento dello Stato e nonostante questo costituisca nella maggioranza dei casi un forte freno è la seconda economia d'Europa dopo la Germania. Bisogna però tenere conto dei fattori produttivi che favoriscono la Germania in questo senso. Per esempio i circa 20 milioni in più di abitanti.

In effetti il PIL nominale pro capite francese è più elevato di quello tedesco anche se a parità di potere d'acquisto i tedeschi tornano in vantaggio con un reddito del 6% più elevato.
L'organizzazione dello stato in Germania è dal punto di vista economico sicuramente più efficiente di quello francese.

Forse è per questo che la Francia dal 2003 è diventato uno stato decentralizzato con 27 regioni.

Le differenze tra Francia e Germania ci fanno capire che non sono solo i costi a determinare una differente crescita, ma anche l'organizzazione dello stato e quanto questo sia pesante sia in termini di tasse che di efficienza.

La pressione fiscale in Francia è uguale a quella italiana e quindi superiore a quella tedesca.
Ma questo permette di confrontare molto più facilmente l'Italia con la Francia.
I due paesi sono simili per tanti versi. Lo stesso tasso di disoccupazione giovanile, la disoccupazione femminile in Francia è più bassa ma attualmente in Italia il tasso di disoccupazione complessivo è più basso. La Francia può contare su due milioni di abitanti in più.

Italia e Francia sono in concorrenza diretta in moltissimi settori ed essendo entrambi i paesi figli dell'organizzazione statale napoleonica, sono molto simili anche in quanto a pesantezza dello stato.

Il tasso di crescita annuale del PIL italiano fino a tutti gli anni 80 però era nettamente superiore al tasso di crescita annuale del PIL francese tanto che poi nel 1991 l'Italia addirittura superò la Francia.
Quindi il divario che si è creato, pur nelle stesse condizioni e considerando che la pressione fiscale francese è stata mediamente più elevata in questi anni a cosa è dovuto?

Prima di tutto l'Italia pagò duramente una speculazione nel 1992 che ci costrinse ad allargare la banda di oscillazione della Lira rispetto al Marco. Ma in quella occasione diversi paesi d'Europa si trovarono più o meno nelle stesse condizioni, la Francia meno dell'Italia. Questo poi ci portò sulla strada dell'Euro e all'impossibilità per l'Italia di ricorrere alla svalutazione monetaria per abbattere il debito e rendere i propri prodotti più competitivi sui mercati esteri.
Una volta che non poteva più svalutare, le imprese italiane dovevano competere direttamente con quelle francesi.

Certo, le imprese francesi hanno i costi dei salari più elevati di quelli italiani, ma anche una produttività per lavoratore nettamente più elevata. E questo perché?
Perché ogni lavoratore francese produce molto di più di un lavoratore italiano? Perché ha le attrezzature necessarie a farlo.
Non è che il lavoratore francese sia più bravo di quello italiano. Ha sempre due gambe, due braccia e un cervello come quello italiano. Ha solo un maggior quantitativo di attrezzature che gli permettono di svolgere il proprio lavoro al meglio e produrre di più.

Ma le attrezzature generalmente consumano energia e quindi il prezzo dell'energia può essere determinante, specialmente se consideriamo piccoli esercizi commerciali.
Facciamo un esempio. Possiamo pensare a un cinema, le cui spese maggiori, tolte quelle che riguardano i diritti dei film, sono proprio per l'energia elettrica. Il profitto di un cinema francese a parità di numero di biglietti venduti l'anno sarà maggiore di quello di un cinema italiano. Solo perché la bolletta costa meno.

Ovviamente la produttività del lavoro non si misura sui piccoli esercizi commerciali ma su tutti gli impieghi. Se i francesi hanno una produttività più elevata rispetto a quella degli italiani è perché mediamente nel lavoro utilizzano maggiori attrezzature rispetto agli italiani. Il loro salario non è più elevato del nostro per altri motivi ma proprio per questo. Più macchinari significa maggiore specializzazione del lavoro e maggiore specializzazione significa più remunerazione.

Ridurre il gap salariale tra italiani e francesi significherebbe fare massicci investimenti e aumentare il livello di specializzazione dei lavoratori italiani. Ma se questo avvenisse i nostri prezzi sarebbero meno competitivi di quelli francesi all'estero, perché a parità di salari i costi energetici sarebbero più alti. Quindi saremmo comunque costretti a guadagnare meno dei francesi anche solo per pareggiare i loro prezzi ed essere altrettanto competitivi. Altrimenti dovremmo accontentarci di restare con questo gap oppure farlo salire ancora di più solo per avere dei prezzi più competitivi rispetto a quelli dei francesi.

Ora appare più chiaro il motivo vero del gap che si è creato tra Francia e Italia dipende dalla politica energetica dei due paesi. Nel 1991 l'Italia ha superato la Francia, ora è decisamente dietro. Perché?
Perché l'Italia chiudendo il discorso del nucleare nel 1987 ha iniziato a pagare le tensioni internazionali e le speculazioni sul prezzo del petrolio e dei combustibili fossili. La necessità di essere "competitivi" sui prezzi piuttosto che sulla qualità ha scoraggiato gli imprenditori e gli industriali ad attuare politiche di innovazione dei macchinari e di formazione di personale specializzato. Le piccole e medie imprese hanno preferito rimanere piccole e medie piuttosto che crescere, perché era l'unico modo per concorrere con francesi e tedeschi.

Oggi arrivano la Cina e l'India e non siamo più competitivi nemmeno sul piano del prezzo.
E tutto questo a causa della politica energetica.

Continuate pure a credere che la colpa dei mali dell'Italia derivino dalla classe politica, che non conta un emerito tubo e che obbedisce alla voce degli oligarchi, ovvero a quei pochi grandi ricchi che fanno parte di quel 10% di famiglie italiane che possiede il 45% della ricchezza del paese.

La politica energetica ha condizionato l'economia italiana e quando avevamo un'opportunità per rimettere le cose a posto l'abbiamo immancabilmente sprecata a causa dei nostri dannatissimi mal di pancia e delle nostre paure.

sabato 25 giugno 2011

Parliamo di economia...

Direttamente dal libro "Principi di Economia" di Robert H. Frank e Ben S. Bernanke (attuale presidente della Federal Reserve) edito da McGraw-Hill nel 2004:

"Principio di scarsità (o principio secondo cui nessun pasto è gratis) benché i nostri bisogni e desideri siano illimitati, le risorse disponibili sono limitate. Pertanto avere una quantità maggiore di qualcosa significa generalmente possedere una quantità minore di qualcos'altro."

A questo principio ne è collegato un altro. Sempre dallo stesso libro:

"Principio costi-benefici un individuo (o un'impresa o una società) dovrebbe intraprendere un'azione se, e solo se, i benefici aggiuntivi sono almeno pari ai costi aggiuntivi a essa associati."

Cominciamo a dire che mentre il secondo principio può essere violato, il primo non c'è alcun modo per violarlo.

Tempo fa qualcuno in una discussione che ebbi su un newsgroup disse che era possibile violare il principio di scarsità perché era possibile con un computer fare infinite copie di file e quindi rendere disponibili per tutti infinite risorse.
Quello che il mio interlocutore non aveva calcolato è che l'energia che stai usando per far funzionare il computer la stai togliendo ad altre cose e che il tempo che impieghi a copiare o usufruire dei file di questo computer non puoi usarlo per fare altre cose.
Di conseguenza non c'è modo di scavalcare il principio di scarsità.

La maggior parte delle persone che parla di economia, senza averla studiata, non riesce ad afferrare la portata del principio di scarsità che invece è enorme.

Dal momento che nessuno di noi, nemmeno Bill Gates dispone di infinite risorse per soddisfare i suoi infiniti desideri, allora è necessario che le persone utilizzino in modo razionale quelle poche risorse che hanno a disposizione.

Il principio dei costi e benefici discende da questo.
Ultimamente sono stato impegnato in una discussione che riguarda il nucleare dove ho posto un problema molto evidente.
Il costo dell'energia prodotta con il nucleare è inferiore al costo dell'energia prodotta con altri tipi di fonti e in particolare con le cosiddette energie rinnovabili.

In Italia noi abbiamo rinunciato al nucleare nel 1987 e confermato questa scelta con l'ultimo referendum. Aver rinunciato al nucleare nel 1987 ha significato costringere la politica energetica del paese ad affidarsi totalmente ai combustibili fossili. Il problema economico, tralasciando quelli di impatto ambientale che producono i combustibili fossili, è che questo tipo di fonte energetica è molto sensibile agli umori del mercato e alle tensioni internazionali.
In Italia abbiamo la bolletta elettrica più cara d'europa e questo oltre che per i mercati anche perché gli incentivi per le fonti rinnovabili vengono caricati sulle tariffe elettriche.

Che cosa vuol dire avere la bolletta elettrica più cara d'Europa (forse secondi solo alla Spagna)? A parità di condizioni una famiglia media francese ogni anno paga 350 euro contro i 430 euro di una famiglia media italiana. Sono 80 euro in più che la famiglia francese può destinare al risparmio e quella italiana no.
Nel lungo periodo più si risparmia e più si guadagna, grazie ai tassi d'interesse compositi.
Se parliamo di imprese, esercizi commerciali e industrie che consumano molta più energia di una famiglia media, per loro il costo della bolletta rispetto ai pari francesi li mette in condizioni di svantaggio sul mercato.

Mentre la famiglia italiana è costretta a destinare 80 euro in più delle sue risorse all'energia elettrica, la famiglia francese può destinare la stessa cifra ad altri beni o servizi oppure al risparmio. Stessa cosa avviene per le imprese, le industrie e gli esercizi commerciali. I soldi che gli imprenditori italiani impiegano per acquistare energia elettrica, i francesi possono destinarli magari per fare delle assunzioni in più nel campo della ricerca e sviluppo.

È evidente che tra l'Italia e la Francia si crea un gap di produzione enorme, proprio perché l'Italia, per via del principio di scarsità deve destinare più risorse all'energia e rinunciare quindi ad avere altri tipi di risorse.
Ma il costo dell'energia elettrica si riflette su tutto quello che con il suo utilizzo viene prodotto.
Chi paga questa bolletta? Gli industriali con il loro buon cuore? Gli imprenditori? I commercianti?
Forse in parte, ma l'aumento dei costi energetici fa sì che anche i prodotti e i servizi finali siano più cari oppure che i salari siano più bassi o il numero dei lavoratori sia inferiore.

Infatti ci sono ben pochi modi di compensare un aumento dei costi. O si riduce il costo di qualcos'altro oppure si aumenta il prezzo finale del prodotto. Se non si possono ridurre gli stipendi oppure non è possibile licenziare dipendenti, si deve necessariamente alzare il prezzo del prodotto.

Licenziare dipendenti fa sì diminuire i costi di produzione, ma abbassa anche il livello di produzione.
Quindi se dovessimo considerare un effetto di lungo periodo spalmato in modo equo sul lavoro avremmo che a parità di condizioni:

1) Una riduzione degli stipendi con l'ingresso nel settore di lavoratori precari al posto di personale con contratto a tempo indeterminato.
2) Una riduzione del numero dei lavoratori, forse compensato da un aumento degli straordinari.
3) Una minore produzione di beni e servizi.
4) Un prezzo maggiore dei beni e dei servizi.

Il tutto si può ridurre in un concetto unico: un aumento del prezzo dell'energia elettrica determina una diminuzione del potere d'acquisto dei cittadini.

Dicevo... in una discussione che ho avuto sul nucleare in un altro blog mi si è accusato di non aver portato dati. Accusa ovviamente infondata perché l'economia non funziona solo su "dati grezzi" o "dati aggregati" ma anche su principi la cui conoscenza ti permette di fare delle previsioni indipendentemente dai dati di partenza. L'unica cosa che uno deve fare è rispondere alla domanda: cosa succede se aumenta il costo degli imput?

Conoscendo l'elasticità del prezzo alla domanda dell'energia (ed è anaelastica) sappiamo già che un'aumento del costo dell'energia non produrrà un calo della domanda di energia significativo (perché l'energia elettrica non ha molti beni sostitutivi) e che quindi la spesa complessiva sarà maggiore. È possibile che la gente adotti degli stili di vita che permetta loro di risparmiare, come passare lunghe giornate in centri commerciali dove può magari usufruire dell'aria condizionata e risparmiare quindi sulla bolletta di casa, ma generalmente la risposta della curva di domanda dell'energia è anaelastica e la gente cambierà di poco il proprio fabbisogno.

A chiunque mi accusi di non portare dati non posso far altro che invitarlo a studiare un buon libro di economia e dopo magari ne riparleremo.

lunedì 20 giugno 2011

Il cambiamento.

Sapete quando avete quella sensazione che sia arrivato il momento giusto, ma si è in ritardo e si rischia che il treno del destino possa chiudervi le porte in faccia?

Ecco, questa è la mia situazione. La colpa è essenzialmente mia, perché mi faccio distrarre sia da problemi personali veri e sia da svaghi e divertimenti di varia natura.
Mi giustifico dicendo che ogni tanto devo pure staccare la mente e quindi il mio libro è ancora lontano dall'essere finito.

Il problema principale è che ho una valanga di concetti in testa che non riesco spesso a mettere su carta in modo da farmi capire da tutti. Perché questo è il mio obiettivo. Parlare a tutti.
Se avessi voluto parlare solo a una nicchia ristretta, non avrei probabilmente nemmeno scritto un libro perché le mie idee possono funzionare solo se tutti i cittadini possono comprenderle facilmente.

In modo che nessuna macchina della propaganda degli Oligarchi possa impedire a qualsiasi cittadino di leggere e farsi da solo il suo giudizio.

Impresa titanica.

Quali sono i due problemi più importanti dell'economia?

In breve:
1) Il tasso di interesse reale è sovraccarico. Svolge troppi compiti contemporaneamente. Non sto qui a elencarli tutti, gli esperti del settore li sanno, ma tanto per dirne alcune, il tasso d'interesse serve a difendere la moneta dalla speculazione estera, ma anche a difendere gli investitori dall'inflazione, ma anche a creare le condizioni per l'espansione o la depressione dell'economia.

2) I prezzi nel breve periodo sono vischiosi, ma nel lungo periodo si possono considerare flessibili. Questo solo ovviamente a determinate condizioni.

Ebbene io posso risolvere entrambi i problemi. Ho inventato degli automatismi che tendono a rendere flessibili i prezzi anche nel breve periodo (aggiustamenti mensili) e a distaccare il tasso d'interesse reale dal controllo dell'inflazione. L'inflazione si controlla da sola.

Quali sono i problemi sociali più importanti?

1) La disparità sociale. Maggiore è la separazione tra le fascie di reddito alte e le fascie di reddito basse e più aumenta la povertà relativa. Ovvero quel senso di povertà che deriva dal confrontarsi direttamente con il reddito degli altri.

2) La mancanza di un sistema di merito che premi i comportamenti virtuosi e penalizzi quelli viziosi.

3) La scala sociale bloccata. Chi nasce povero raramente diventa ricco e molto spesso per chi è povero ci sono molte meno opportunità per chi è ricco di accedere a lavori ad alto reddito e spesso chi riesce a ottenere questa scalata ha dovuto fare enormi sacrifici e molte rinuncie personali.

Posso risolvere anche questi problemi. Una volta che si attua un sistema che premia il merito e facendo in modo che chi merita riceva del reddito aggiuntivo, la scala sociale si rompe perché molte più persone iniziano a ricevere fondi che permettono loro di accedere a opportunità migliori. Per esempio finanziarsi dei corsi professionali o partecipare a master molto costosi.

Quali sono i più importanti problemi politici?

1) C'è di fatto un'oligarchia di poche persone che decidono tutto. Più le elezioni diventano costose e più chi ha i soldi è in grado di determinare chi sarà eletto e il suo programma di governo. Diffidate dalle primarie... chissà perché le vogliono tutti e costano una barca di soldi... continueranno a comandare quelli più ricchi o finanziati dai più ricchi.

2) C'è un sistema giudiziario che fa talmente schifo da essere di fatto anche esso stesso causa di criminalità.

3) Non esite alcuna separazione dei poteri e anzi c'è un'assoluta invadenza di ogni potere negli altri e anche nelle strutture di controllo. Il legislatore dovrebbe essere assolutamente separato dal governo e dalla gestione della giustizia.

Le mie idee scardinano tutto il sistema. Non solo le elezioni politiche sono a costo zero, ma tutti i poteri sono separati e per ogni potere ci sono strutture di controllo elette separatamente.
Il cittadino partecipa attivamente alla vita politica del paese e ottiene più poteri (ma ovviamente anche più responsabilità) di quelle che ha oggi.

Credo che tutto questo sia nei fatti più interessante e importante della fine che farà Berlusconi.
Il problema è che oggi se metti in prima serata "Superquark" contro il "Grande Fratello" ho l'impressione che vincerà il "Grande Fratello". Un nome che non è scelto a caso.

Alla gente interessa veramente di più sapere che fine farà Berlusconi piuttosto che trovare una vera alternativa politica, sociale ed economica al sistema oligarchico di cui Berlusconi e TUTTI i partiti che sono in parlamento o nei consigli regionali, provinciali e comunali fanno parte.

Spero che almeno questa volta, Superquark riesca ad avere la meglio...