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sabato 25 giugno 2011

Parliamo di economia...

Direttamente dal libro "Principi di Economia" di Robert H. Frank e Ben S. Bernanke (attuale presidente della Federal Reserve) edito da McGraw-Hill nel 2004:

"Principio di scarsità (o principio secondo cui nessun pasto è gratis) benché i nostri bisogni e desideri siano illimitati, le risorse disponibili sono limitate. Pertanto avere una quantità maggiore di qualcosa significa generalmente possedere una quantità minore di qualcos'altro."

A questo principio ne è collegato un altro. Sempre dallo stesso libro:

"Principio costi-benefici un individuo (o un'impresa o una società) dovrebbe intraprendere un'azione se, e solo se, i benefici aggiuntivi sono almeno pari ai costi aggiuntivi a essa associati."

Cominciamo a dire che mentre il secondo principio può essere violato, il primo non c'è alcun modo per violarlo.

Tempo fa qualcuno in una discussione che ebbi su un newsgroup disse che era possibile violare il principio di scarsità perché era possibile con un computer fare infinite copie di file e quindi rendere disponibili per tutti infinite risorse.
Quello che il mio interlocutore non aveva calcolato è che l'energia che stai usando per far funzionare il computer la stai togliendo ad altre cose e che il tempo che impieghi a copiare o usufruire dei file di questo computer non puoi usarlo per fare altre cose.
Di conseguenza non c'è modo di scavalcare il principio di scarsità.

La maggior parte delle persone che parla di economia, senza averla studiata, non riesce ad afferrare la portata del principio di scarsità che invece è enorme.

Dal momento che nessuno di noi, nemmeno Bill Gates dispone di infinite risorse per soddisfare i suoi infiniti desideri, allora è necessario che le persone utilizzino in modo razionale quelle poche risorse che hanno a disposizione.

Il principio dei costi e benefici discende da questo.
Ultimamente sono stato impegnato in una discussione che riguarda il nucleare dove ho posto un problema molto evidente.
Il costo dell'energia prodotta con il nucleare è inferiore al costo dell'energia prodotta con altri tipi di fonti e in particolare con le cosiddette energie rinnovabili.

In Italia noi abbiamo rinunciato al nucleare nel 1987 e confermato questa scelta con l'ultimo referendum. Aver rinunciato al nucleare nel 1987 ha significato costringere la politica energetica del paese ad affidarsi totalmente ai combustibili fossili. Il problema economico, tralasciando quelli di impatto ambientale che producono i combustibili fossili, è che questo tipo di fonte energetica è molto sensibile agli umori del mercato e alle tensioni internazionali.
In Italia abbiamo la bolletta elettrica più cara d'europa e questo oltre che per i mercati anche perché gli incentivi per le fonti rinnovabili vengono caricati sulle tariffe elettriche.

Che cosa vuol dire avere la bolletta elettrica più cara d'Europa (forse secondi solo alla Spagna)? A parità di condizioni una famiglia media francese ogni anno paga 350 euro contro i 430 euro di una famiglia media italiana. Sono 80 euro in più che la famiglia francese può destinare al risparmio e quella italiana no.
Nel lungo periodo più si risparmia e più si guadagna, grazie ai tassi d'interesse compositi.
Se parliamo di imprese, esercizi commerciali e industrie che consumano molta più energia di una famiglia media, per loro il costo della bolletta rispetto ai pari francesi li mette in condizioni di svantaggio sul mercato.

Mentre la famiglia italiana è costretta a destinare 80 euro in più delle sue risorse all'energia elettrica, la famiglia francese può destinare la stessa cifra ad altri beni o servizi oppure al risparmio. Stessa cosa avviene per le imprese, le industrie e gli esercizi commerciali. I soldi che gli imprenditori italiani impiegano per acquistare energia elettrica, i francesi possono destinarli magari per fare delle assunzioni in più nel campo della ricerca e sviluppo.

È evidente che tra l'Italia e la Francia si crea un gap di produzione enorme, proprio perché l'Italia, per via del principio di scarsità deve destinare più risorse all'energia e rinunciare quindi ad avere altri tipi di risorse.
Ma il costo dell'energia elettrica si riflette su tutto quello che con il suo utilizzo viene prodotto.
Chi paga questa bolletta? Gli industriali con il loro buon cuore? Gli imprenditori? I commercianti?
Forse in parte, ma l'aumento dei costi energetici fa sì che anche i prodotti e i servizi finali siano più cari oppure che i salari siano più bassi o il numero dei lavoratori sia inferiore.

Infatti ci sono ben pochi modi di compensare un aumento dei costi. O si riduce il costo di qualcos'altro oppure si aumenta il prezzo finale del prodotto. Se non si possono ridurre gli stipendi oppure non è possibile licenziare dipendenti, si deve necessariamente alzare il prezzo del prodotto.

Licenziare dipendenti fa sì diminuire i costi di produzione, ma abbassa anche il livello di produzione.
Quindi se dovessimo considerare un effetto di lungo periodo spalmato in modo equo sul lavoro avremmo che a parità di condizioni:

1) Una riduzione degli stipendi con l'ingresso nel settore di lavoratori precari al posto di personale con contratto a tempo indeterminato.
2) Una riduzione del numero dei lavoratori, forse compensato da un aumento degli straordinari.
3) Una minore produzione di beni e servizi.
4) Un prezzo maggiore dei beni e dei servizi.

Il tutto si può ridurre in un concetto unico: un aumento del prezzo dell'energia elettrica determina una diminuzione del potere d'acquisto dei cittadini.

Dicevo... in una discussione che ho avuto sul nucleare in un altro blog mi si è accusato di non aver portato dati. Accusa ovviamente infondata perché l'economia non funziona solo su "dati grezzi" o "dati aggregati" ma anche su principi la cui conoscenza ti permette di fare delle previsioni indipendentemente dai dati di partenza. L'unica cosa che uno deve fare è rispondere alla domanda: cosa succede se aumenta il costo degli imput?

Conoscendo l'elasticità del prezzo alla domanda dell'energia (ed è anaelastica) sappiamo già che un'aumento del costo dell'energia non produrrà un calo della domanda di energia significativo (perché l'energia elettrica non ha molti beni sostitutivi) e che quindi la spesa complessiva sarà maggiore. È possibile che la gente adotti degli stili di vita che permetta loro di risparmiare, come passare lunghe giornate in centri commerciali dove può magari usufruire dell'aria condizionata e risparmiare quindi sulla bolletta di casa, ma generalmente la risposta della curva di domanda dell'energia è anaelastica e la gente cambierà di poco il proprio fabbisogno.

A chiunque mi accusi di non portare dati non posso far altro che invitarlo a studiare un buon libro di economia e dopo magari ne riparleremo.

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