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martedì 31 maggio 2011

A Draghi... ma che stai a dì?

Premesso che mi piacerebbe moltissimo che venissero tagliate le tasse sulle imprese e sui lavoratori, oggi come oggi dal mio punto di vista sarebbe una vera tragedia se lo facessero.

Dico questo perché non si può mettere a bilancio il recupero dell'evasione fiscale e Draghi lo sa benissimo. L'evasione fiscale è per sua natura inquantificabile. Nessuno può sapere con precisione quanto sia la cifra complessiva. Possiamo misurarne degli effetti indiretti sui consumi, ma spesso e volentieri buona parte dell'evasione fiscale finisce all'estero in paradisi fiscali e quindi non incidono più di tanto sull'economia italiana.

Bisogna anche dire che "recuperare evasione fiscale" ha i suoi costi. Nessuno di noi ci pensa mai ma per effettuare controlli capillari c'è bisogno di investire molto denaro. Alla fine potremmo spendere in controlli molto più di quello che riusciremo a recuperare di evasione.
So benissimo che sono concetti "impopolari", ma fanno parte della pratica quotidiana.

Non potendo mettere a bilancio l'evasione fiscale quindi il governo (chiunque lo presieda) sarebbe costretto a fare tagli di bilancio significativi per restare nei parametri imposti dall'Europa.

Non che non ce ne sia bisogno di questi tagli, ma non ora. Diminuire la spesa pubblica farebbe comunque peggiorare il PIL anche se l'aumento dei consumi dovuto al taglio delle tasse dovrebbe compensare o potrebbe addirittura far migliorare il PIL.
Inoltre è molto difficile tagliare il settore pubblico in Italia perché è praticamente impossibile fare dei tagli strutturali o licenziare.

Dopo averci riflettuto a lungo, con una disoccupazione dell'8% e con le tante persone in cassaintegrazione, licenziare nel settore pubblico altre centinaia di migliaia di persone (perché di questo stiamo parlando...) non farebbe altro che peggiorare le cose.
Serve a un cavolo tagliare le tasse per far aumentare i consumi se poi metti per strada centinaia di migliaia di persone che poi non possono più consumare...

Inoltre queste manovre possono avere effetti di "breve periodo" positivi che però andiamo a pagare nel lungo periodo.
Quello che dobbiamo fare è aumentare il risparmio totale nazionale. Questa è l'unica politica macroeconomica che abbia senso.
Quindi dobbiamo ridurre il debito pubblico e cercare di avere avanzi di bilancio. Abbassare le tasse fa invece diminuire il risparmio nazionale perché fa aumentare i consumi.

Certamente non possiamo aumentare le tasse, ma l'Italia ha un patrimonio artistico e culturale enorme e sarebbe certamente una scelta intelligente se dessimo la gestione di buona parte di questo patrimonio ai privati in modo che invece di essere lo stato a dover spendere i soldi per il mantenimento di questi beni lo facciano i privati. I privati potrebbero rifarsi delle spese (manutenzione delle opere e il pagamento della licenza di gestione) tramite la vendita di biglietti o cose di questo genere. In Italia ci sono tante di quelle opere d'arte che sono negli scantinati dei musei ad ammuffire che secondo me sarebbe un vero affare. Lo stato incasserebbe un gettito extra che potrebbe usare per risanare il debito.

Altra cosa che si può fare è la privatizzazione di aziende statali, regionali, provinciali e municipali e fare una legge in cui si bloccano i concorsi pubblici, le assunzioni dirette e le consulenze esterne fintanto che le amministrazioni pubbliche non abbiano un avanzo di bilancio (rispetto al Pil, a seconda della zona...) superiore all'1% e queste assunzioni non possono far scende l'avanzo di bilancio al di sotto dell'1%.
In questo modo amministrazioni virtuose potrebbero assumere personale (anche se dal mio punto di vista sarebbe meglio usare i soldi in altro modo) mentre quelle viziose no.

A parità di quantità di lavoratori e di efficenza del lavoro, aumentare il risparmio nazionale crea condizioni di crescita di lungo periodo più elevate in quanto a parità di quantità di capitale per lavoratore fa crescere la produzione per lavoratore.
Le tasse si potranno tagliare quando si avranno avanzi di bilancio superiori all'1% annuo e cercando di fare in modo da non creare un deficit.

La situazione italiana è già troppo complicata di suo sul piano economico e vediamo di non peggiorarla. La parola d'ordine è aumentare il risparmio nazionale e quindi il governo deve cercare di ridurre il debito e il deficit senza abbassare le tasse e senza diminuire la spesa pubblica ma attraverso privatizzazioni e concessioni in gestione di beni artistici ai privati.
Non ci possiamo permettere ulteriore disoccupazione o la creazione di inflazione.

martedì 17 maggio 2011

Elezioni - qualcosa cambia...

Queste elezioni amministrative hanno dato un segnale di cambiamento. Un cambiamento formale ovviamente, non sostanziale.

La sostanza non cambia. La partitocrazia è sempre viva e allo stesso modo l'oligarchia di potere che la comanda.
La mia posizione sulla politica italiana rimane la stessa. Non siamo in una vera democrazia. I cittadini sono liberi di votare, ma ci sono ancora enormi condizionamenti sulla competizione politica vera e propria.

Finché non ci sarà un sistema elettorale a costo zero, il nostro paese sarà sempre un'oligarchia.

Tuttavia un cambiamento formale c'è stato. Le elezioni amministrative hanno segnato a mio avviso l'inizio della fine politica di Silvio Berlusconi.
Perché se in una delle roccaforti del centrodestra, non solo si è andati al ballottaggio ma addirittura il centrodestra ci va in svantaggio, questo non può essere imputato solamente a una infelice mossa del sindaco Moratti.
Berlusconi ci ha messo la faccia. Ha chiesto che l'elezione diventasse un referendum su di lui e ha perso.
Poche chiacchiere. A Milano, la sua Milano, Berlusconi ha dimezzato il numero delle preferenze personali. Una sonora pernacchia da parte degli elettori delusi.

Ci sono situazioni che a volte diventano delle effigi, dei simboli di ciò che accade. Ad Arcore vince il centrosinistra anche se si andrà al ballottaggio.

Una volta, sconfitte di questo genere portavano a una conclusione scontata. Le dimissioni.
Perché una volta gli uomini di partito sapevano di venire dopo il partito. Se un politico ci metteva la faccia e perdeva, per non nuocere ulteriormente al partito, sapeva che doveva farsi da parte.
Berlusconi lo fara? Ne dubito.
Il PDL avrà il coraggio di dimissionare Berlusconi? Ne dubito.

Non c'è dubbio che Berlusconi è diventato ormai il collo di bottiglia, l'ostacolo principale di ogni azione politica. La gente si è stufata. Non è più disposta a fargli fare i suoi comodi senza ricevere nulla in cambio.
Se il centrodestra vuole sopravvivere, paradossalmente deve accelerare il dopo Berlusconi. Deve sfiduciarlo e nominare un altro presidente del consiglio al suo posto, facendo rientrare nella coalizione anche FLI e UDC. Ovviamente questo per il PDL e la Lega Nord significa dover ingoiare badilate di rospi, ma è l'unico modo che hanno per far capire al loro elettorato che hanno imparato la lezione.

Significherebbe sfruttare i due anni della legislatura per fare riforme a favore dei cittadini, lasciando Berlusconi al suo destino.

Queste elezioni inoltre hanno messo in evidenza il fatto che l'opposizione vince perché perde il centrodestra e in particolare perde Berlusconi. Lo si evince dagli strani risultati di Bologna e di Napoli. A Bologna il movimento 5 stelle prende quasi il 10% dei voti. A Napoli il candidato ufficiale del PD non va nemmeno al ballottaggio dove la gente ha preferito dare il voto a De Magistris.
Che sia un forte segnale di protesta contro Berlusconi, piuttosto che una ritrovata capacità del centrosinistra di "far sognare" il suo elettorato è evidente.

Perché la realtà è che non c'è un progetto di centrosinistra nel paese. C'è un vento di protesta, sì. C'è un forte antiberlusconismo, ma di proposte concrete, di visioni unitarie di un futuro migliore non se ne vede. Con buona pace di Bersani, non ha vinto realmente lui. Ha semplicemente perso Berlusconi.

Un po' come la formula 1 all'ulitma gara dell'anno passato. Vettel è diventato campione del mondo perché Alonso non è arrivato almeno al quarto posto. Di conseguenza Vettel è diventato campione del mondo perché Alonso ha perso il titolo che aveva ormai in tasca. Perché è chiaro che Vettel non ha demeritato, ma Alonso ha perso il titolo a causa di un errore di strategia della squadra e non perché non aveva alcuna possibilità di arrivare almeno al quarto posto (cosa che sarebbe accaduta se la squadra non lo avesse fatto entrare ai box prematuramente per marcare Webber ).

Se dal punto di vista sostanziale dunque non cambia nulla, con un'oligarchia ancora imperante e con il popolo che non conta un tubo, dal punto di vista formale queste elezioni hanno dato dei segnali di cambiamento di umore della gente che è stufa di subire passivamente le vicende personali del premier.
Da questo punto di vista Berlusconi è stato poco furbo.
Gli italiani sono un popolo diverso dal resto del mondo. Agli italiani va anche bene che un premier si faccia gli affari propri. Basta però che con gli affari suoi faccia anche quelli degli italiani.
Della serie: mangiate pure, basta che facciate mangiare anche me.

A Berlusconi sarebbe bastato fare qualcosa per i cittadini italiani in questi anni e molti avrebbero detto: sì, s'è anche fatto gli affari suoi ma almeno qualcosa per noi l'ha fatto.