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martedì 12 luglio 2011

Crisi economica - La mia soluzione (Parte 1)

Premetto che io non sono un economista e che ho studiato economia solo per mio interesse personale proprio per costruire una nuova società.

Detto questo però sfido qualsiasi economista a negare la validità del mio ragionamento.

Per decenni si è pensato di stimolare la crescita economica facendo crescere la domanda. Si sono quindi attuate politiche miranti a far crescere lo stock di moneta. Chiariamo subito il termine tecnico dicendo che si agisce affinché aumenti la quantità di moneta nel flusso economico.

Questo come vediamo oggi è assolutamente insufficiente. Nonostante vengano mantenuti bassi i tassi d'interesse l'economia fatica a ripartire.
Certamente il debito pubblico e le regole europee che lo regolano fanno da freno allo sviluppo perché in sostanza il governo non può far crescere l'economia attraverso gli investimenti pubblici.

Per capire che c'entrano gli investimenti pubblici con la crescita economica devo scrivere l'equazione del PIL.

Y = C + I + G + NX

Dove:
Y = PIL
C = Consumi privati.
I = Investimenti privati.
G = Spesa pubblica.
NX = Esportazioni nette.

Come vedete dall'equazione, essendo G una componente direttamente proporzionale a Y, più cresce la spesa pubblica e più cresce il PIL.

Le regole europee però impongono il pareggio di bilancio.

B = T - G

Dove:
B = Bilancio
T = Tasse
G = Spesa pubblica.

Per esserci un pareggio di bilancio in uno stato in deficit, o si alzano le tasse oppure si tagliano le spese. Entrambi questi fattori sono depressivi. Le tasse incidono sulla componente C (consumi) del PIL, riducendo la spesa in consumi.
Evitando di mostrare equazioni per esperti (ma vi invito a leggere libri di economia in proposito) un aumento delle tasse va a incidere sul moltiplicatore del reddito(http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_macroeconomica#Moltiplicatore_sul_reddito_della_spesa_pubblica ).

Come vedete la situazione è molto più complessa di quella che può apparire. Nel momento in cui un governo non ha libertà di espandere l'economia o attraverso la riduzione delle tasse oppure attraverso l'aumento della spesa pubblica è un governo dimezzato. Il vero potere politico infatti da anni si è spostato in Europa, ma in Italia le opposte fazioni di tifosi non lo sanno oppure non gli importa.

Per uno stato in deficit come l'Italia, pareggio di bilancio vuol dire diminuzione della spesa pubblica e quindi soprattutto degli investimenti pubblici. Oltretutto se si decide di abbassare le tasse i tagli devono essere ancora maggiori. L'effetto complessivo sul PIL è un'incognita perché dipende dalla fiducia dei consumatori e dei produttori.
In uno stato di "crisi" le persone sono portate a modificare la loro propensione al consumo cercando di consumare di meno anche se questo atteggiamento che può sembrare del tutto sensato è invece un ulteriore freno alla crescita e anzi può innescare anche una profonda crisi.

Sempre a livello europeo, dove ormai c'è la politica che conta, la BCE ha alzato i tassi d'interesse dello 0,25% portando il costo del denaro all'1,5%.
Per le persone che non sanno cosa significa questo, in pratica la BCE per contrastare possibili spinte inflazionistiche riduce l'afflusso di denaro dal circolo economico, impoverendo tutta l'area dell'euro anche se le cifre possono sembrare esigue e facendo quindi diminuire la domanda di beni e servizi.

A questa situazione che già è difficile si aggiungono le tensioni internazionali e il rischio di default degli Stati Uniti che possono far ripiombare l'intero mondo in una crisi ancora più profonda di quella che abbiamo vissuto fino a ora.

Che cosa ci rimane da fare?
La mia soluzione parte dal principio che se non si può stimolare la domanda si deve necessariamente fare in modo da stimolare l'offerta.

Se si riesce a causare uno spostamento della curva d'offerta verso destra (per i profani, se si riesce a far crescere la quantità offerta per ogni livello di prezzo), a parità di domanda i prezzi generali dovrebbero scendere e quindi si andrebbe incontro a una sorta di deflazione ma che produce crescita del PIL reale.

Per fare un esempio. Supponiamo che oggi il paese di Tortopoli produca ogni giorno 100 torte al prezzo di 20 euro a torta. Il totale è quindi un prodotto di 2000 euro al giorno. Supponiamo che si riesca a produrre uno spostamento della curva d'offerta causata da una riduzione dei costi e che quindi si riescano a produrre 120 torte a un prezzo di 18 euro ciascuna. Il prodotto cresce da 2000 euro al giorno a 2160 euro al giorno. Ma stiamo parlando di "prodotto nominale" perché in realtà il prodotto reale è di 2400 euro. In parole povere 2160 euro valgono ora quanto valevano 2400 euro prima.
Se usiamo le percentuali, un aumento dell'8% del reddito nominale corrisponde a un aumento del 20% del reddito reale.

Ma facciamo un esempio ancora più particolare. Supponiamo che a Tortopoli la diminuzioni dei costi di produzione faccia produrre 125 torte a 15 euro a torta. Il prodotto nominale scenderebbe da 2000 euro a 1875 euro. Vuol dire che c'è stata una perdita economica? No, vuol dire che c'è stata una crescita economica del 25% in termini di reddito reale a fronte di una perdita del reddito nominale del 6,25%.

Ma se la teoria è favorevole, mettere in pratica questo tipo di azione economica senza causare grossi problemi è davvero complesso.
Tutte le imprese infatti cercano di abbattere i costi di produzione, ma riescono ad agire solo sui lavoratori attraverso una riduzione del personale prima e assumendo successivamente personale a costo più basso.

Così si impoverisce il sistema e vengono tagliati fuori dal gioco proprio le risorse con più esperienza e qualifiche. In periodo di crisi le aziende preferiscono fare considerazioni di quantità piuttosto che di qualità e quindi per loro è preferibile rinunciare a una risorsa costosa ma molto esperta e qualificata e magari sostituirla con risorse insesperte e meno specializzate il cui costo complessivo però è inferiore.

Le crisi economiche causano anche uno spostamento verso il basso delle capacità lavorative generali.
Come evitare questa dequalificazione lo esporrò nella seconda parte.

Vai alla seconda parte

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