Pagine

martedì 21 dicembre 2010

Reddito e distribuzione di reddito.

Il 45% della ricchezza è in mano al 10% delle famiglie italiane.

Che vuol dire?

Il PIL pro capite (nominale) del 2009 degli italiani era di € 35435. Qualcuno di voi, me compreso, dirà: "magari!".

Il punto è che le medie non tengono conto appunto della distribuzione di reddito e di quanta parte della popolazione si discosti dalla media e in che misura.

Approssimiamo i conti. Supponiamo che gli italiani siano 60 milioni, che il reddito medio sia di € 35000 e che il 10% delle famiglie coincidano con il 10% della popolazione.

Ebbene, questo vuol dire che il 10% delle persone avrebbe a disposizione un PIL pro capite (nominale) di € 157500 contro il 90% delle persone che avrebbe un PIL pro capite (nominale) di € 21390 (arrotondato).

Ora abbiamo un quadro più significativo dei dati. Il ceto ricco (10%) d'Italia ha un reddito pro capite che è più di 7 volte quello del ceto più povero (90%).

E questo dice molto di più rispetto al semplice dato medio di € 35000.

Ci sono situazioni ben più gravi di quella italiana ovviamente. Il PIL mondiale è suddiviso in questo modo: L'80% delle ricchezze appartiene al 20% della popolazione.
Se applicassimo questa divisione al reddito italiano, il 20% della popolazione avrebbe un PIL pro capite di € 140000 contro l'80% della popolazione che avrebbe un PIL pro capite di € 8750 con una differenza tra i due redditi medi di 16 volte.

Ma la cosa grave di questo fenomeno non è tanto lo squilibrio di ricchezza in se, ma il fatto che la mobilità sociale sia bloccata. Ecco un altro problema dell'oligarchia.
La salute di una democrazia si vede da quanto facilmente le persone possono scalare, attraverso il lavoro e il merito, le varie fascie di reddito.

Il compito di uno stato sarebbe quello di favorire politiche che rendano più facile la mobilità sociale e che poi si traducono in una società in cui esiste una maggiore simmetria nella distribuzione dei redditi rispetto alla media.

Uno dei punti che ho maggiormente valutato nel disegnare una nuova società è come rendere estremamente dinamica la mobilità sociale di uno stato.
Bisogna considerare che la democrazia è come una pallina messa sul vertice di una montagna. Basta una piccola spinta e la pallina ruzzola a valle.
La democrazia è una forma di governo che spesso si trova in un equilibrio "instabile" e tende a precipitare verso forme di governo oligarchiche o anche peggiori.

Di conseguenza se si vuole salvaguardare la democrazia, una società altamente dinamica per quanto riguarda la mobilità sociale è una necessità assoluta.
Se si vuole avere un'elevata mobilità sociale bisogna innanzitutto eliminare ogni possibile deriva oligarchica.

Se pensate che uno qualsiasi dei partiti che sono al potere può garantirvi una maggiore mobilità sociale e quindi darvi maggiori possibilità di raggiungere fascie di reddito più soddisfacenti, vi sbagliate di grosso.

I partiti al potere sono controllati dall'oligarchia e quindi non faranno mai nulla di reale per cambiare la situazione.
L'oligarchia è furba. In quasi tutto il mondo esistono due schieramenti politici che sul piano economico hanno un unico punto in comune: favorire il ceto ricco.

Di solito c'è uno schieramento, o un partito, che porta avanti le istanze del ceto "medio" e uno schieramento, o un partito, che porta avanti le istanze delle fascie più deboli e contemporaneamente delle istanze delle fascie medio-alte.

Dal punto di vista della strategia "elettorale" si pone il problema del salto di reddito. Per chi sostiene le fascie più deboli, portare uno di questi cittadini a prendere un reddito medio potrebbe essere un problema, così come è un problema per chi sostiene il ceto medio fare avanzare un cittadino verso le fascie medio-alte.

Soprattutto al di fuori dell'Italia, dove il voto politico è più "mobile" e la gente guarda maggiormente al portafoglio quando vota piuttosto che all'ideologia, permettere il salto da una fascia all'altra può significare perdere dei voti. Perché se è vero che inizialmente si può avere un ritorno elettorale per gratitudine, basta poi un minimo rischio per far cambiare idea al cittadino.

Di conseguenza entrambi gli schieramenti, o partiti, attuano delle strategie economiche di tipo demagogico che servono a garantirsi il voto delle fascie che rappresentano ma facendo in modo che la mobilità sociale rimanga il più possibile bloccata.
Di tutto ciò ne approfittano i ricchi che, grazie ai meccanismi finanziari, aumentano spesso il loro reddito rispetto al resto della popolazione. Inoltre i ricchi sono i maggiori finanziatori dei partiti di entrambi gli schieramenti e quindi sono i maggiori artefici della demagogia con i quali i partiti riescono a mantenere bloccata la mobilità sociale.

Il primo passo da fare è quindi "distruggere" l'oligarchia e questo si può fare attravero le assemblee popolari e un sistema elettorale a costo zero. Per quanto riguarda la mobilità sociale invece occorre favorire meccanismi di redistribuzione dei redditi attraverso un meccanismo che premi le persone che contemporaneamente vengono ritenute più meritevoli e socialmente collaborative. Occorre favorire politiche di investimenti nel settore produttivo piuttosto che gli investimenti finanziari. Occorre favorire politiche che permettano alle aziende di investire in ricerca e in sviluppo e che favoriscano o nuove assunzioni o aumenti salariali. Occorre inoltre fare in modo che la ricchezza che si produce sia reale e quindi attuare dei meccanismi economici che combattano veramente l'inflazione.

Ovviamente io ho una mia soluzione per tutto ciò. Una soluzione che non prevede alcun sacrificio in termini di libertà per i cittadini e che prevede un livello di tassazione mediamente più basso di quello attuale, con una diversa organizzazione dello stato sociale che sia più efficiente e soprattutto controllato da larga parte della popolazione.

Nessun commento:

Posta un commento